"Vi voglio bene a tutti, a Verona". Questo è stato l'ultimo messaggio di whatsapp che il giovanissimo soldato ucraino è riuscito a mandare alla sua famiglia "adottiva" ad Avesa. «Lo sentivamo dal fronte ogni settimana e appena era possibile facevamo anche delle videochiamate, a cui partecipavano anche i nostri tre figli, Virginia,Eugenio,Gregorio. Tutti gli volevamo bene. Ogni estate e ogni Natale, da quando aveva nove anni, li passava qui da noi. Era stato un caso. Non facevamo parte dell'associazione "Amici del mondo", allora, che faceva venire questi ragazzini a passare qualche settimana serena da un orfanotrofio ucraino. Il nostro Bohdan non era orfano in realtà... se ci penso ancora adesso la cosa mi amareggia. La madre aveva 9 figli e ha lascito in orfanotrofio gli ultimi due gemelli. Lui e la sorella Ekaterina».
Cristina non riesce a piangere, è una donna molto forte. Parla di come quel ragazzo fosse bello anche dentro e di come facesse ogni cosa per gli altri. «Un giorno sua nonna gli aveva dato una busta con dei soldi: i primi che lui avesse mai visto. Venuto qui a Natale, li aveva spesi tutti per riempirci di regali...».
Ma la sua devozione era soprattutto per la sorella. «Non voleva che lei facesse dei lavori umili. È davvero bellissima e aveva paura che come cameriera in un bar o altro sarebbe stata vittima di soprusi. Voleva a tutti costi che studiasse. Così ha iniziato a fare il muratore per mantenere anche lei agli studi di segretariato. Si era trasferito a Kiev, ma poi scoppiò la pandemia e presto rimase senza lavoro. Non gli restò che arruolarsi nell'esercito. Gudagnava appena 300 euro al mese, ma lì è già una discreta somma, riusciva ad aiutare Ekaterina a studiare».
Era già stato in Donbass prima che scoppiasse la guerra. Ma poi, un annp fa, tutto è precipitato. Bohdan, da soldato professionista, è finito in prima inea sui carrarmati. poi sulla linea zero, quella più vicina al nemico, nella regione di Donetsk. «Faceva il cecchino, lui che non avrebbe mai fatto del male a nessuno», continua Cristina con un filo di voce. «L'ultima volta che lo sentimmo, ci disse che del suo battaglione erano già caduti in 19 su 26. Ora sono tutti morti». Restiamo anche noi con un nodo alla gola, mentre continua: «Lì, ci raccontava, non c'era più nessuna umanità. Tutti i ragazzi si drogavano e bevevano per riuscire ad andare avanti. Era già tutto perduto ancora prima che morissero sul campo».
«Grazie per esserci», ha detto Cristina Tosi agli amici, ai propri cari e ai cittadini convenuti per l'ultimo saluto ad Avesa. «Doveva essere un momento per Bohdan, ma in realtà ne abbiamo più bisogno noi. Vedere tanta gente qui a condividere il dolore della sua perdita, ci unisce e ci solleva. La sua storia di ragazzo sfortunato e comunque sempre pronto a sorridere alla vita, ha lasciato il segno nel cuore di molti. Oggi non ricordiamo solo "Boghi", ma tutti i ragazzi del suo battaglione: purtrroppo non se ne è salvato nemmeno uno. Sono tutti di nuovo assieme, a fumare e a sdrammatizzare, sicuramente più sereni di quando erano al fronte zero. Grazie ancora per esserci».
"Addio anima bella", ha scritto una cara amica di famiglia, volontaria della Croce Rossa di Verona, sul suo Facebook, mentre tanti ragazzi veronesi piangono l'amico d'infanzia. E tanti palloncini gialli e azzurri, i colori della bandiera ucraina, vengono liberati in volo.