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lunedì 07 ottobre 2024
 
Bene Comune
 

L'Unione Europea impari dalla Chiesa

05/11/2018 

Egregio direttore, ben sappiamo come i nazionalismi sono stati, storicamente, la causa di pesanti conflitti, culminati nella Seconda guerra mondiale. È sulle sue ceneri che alcuni uomini saggi di Italia, Francia e Germania hanno dato vita all’Unione europea, garantendo rispetto reciproco, stabilità e sviluppo per oltre settant’anni. Oggi abbiamo leader politici che hanno costruito il loro consenso attraverso lo scontro verbale con altri leader politici europei, additandoli come responsabili del nostro limitato sviluppo economico. Il magistero sociale della Chiesa, però, ci ha sempre indicato che il bene comune va oltre gli aspetti economici e riguarda uno sviluppo armonico, che comprende la libertà di pensiero e di opinione, le opportunità culturali e gli stili di vita che sappiano valorizzare i rapporti sociali, senza esclusione.

Di conseguenza le istituzioni si governano con franchezza e lealtà; non si demoliscono per dare spazio al libero arbitrio. Ma il peggio è additare alcuni Stati fondatori dell’Unione europea come potenziali nemici del popolo italiano, facendo dimenticare che l’Italia sganciata dagli altri Stati europei non avrebbe più alcun peso politico ed economico.

GIUSEPPE DELFRATE - Chiari

Credo che sia necessario tornare alla dottrina sociale della Chiesa, maturata a partire dalla Rerum novarum di Leone XIII. Al centro di tutto, della politica e dell’economia, c’è la persona umana. Che però non è una realtà isolata. Per questo si sottolinea il necessario impegno per il bene comune. Le diverse forme di egoismo, individuali, di gruppo e nazionali, sono un’illusione, non portano veri bene­ci.

Oggi l’idea di Europa unita è sempre più in crisi. Ma non solo per il riemergere degli egoismi nazionalisti, accentuati dalla crisi. Ma anche perché ci si è basati troppo su meri criteri di convenienza economica. Da qui la ricerca di interessi e vantaggi solo in questo ambito, con il riemergere da parte di tutti, non solo dell’Italia, di rinnovati egoismi. Credo che si debba tornare a un’idea alta di Europa, una patria comune, una civiltà. A questo proposito cito un intervento di Alcide De Gasperi alla Conferenza parlamentare europea del 21 aprile 1954: «Per l’unità europea lo slargamento del mercato comune è un argomento che offre la sua importanza, ma la libera concorrenza che ne sarebbe la conseguenza presenta anch’essa degli aspetti negativi che possono esser ridotti soltanto dalla forza di un sentimento o di un’idea capace di stimolare la coscienza e la volontà... Se con Toynbee io affermo che all’origine della civiltà europea si trova il cristianesimo, non intendo con ciò introdurre alcun criterio confessionale esclusivo nell’apprezzamento della nostra storia. Voglio solo parlare del retaggio europeo comune, di quella morale unitaria che esalta la figura e la responsabilità della persona umana con il suo fermento di fraternità evangelica, il suo culto del diritto ereditato degli antichi, il suo culto della bellezza af­finatasi attraverso i secoli, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un’esperienza millenaria».

 
 
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