Tra i temi dalla prima giornata del 42° convegno del Movimento per la vita non possiamo che accogliere positivamente il desiderio di approfondire il ruolo dell’uomo davanti a una gravidanza indesiderata ma anche quello della sua presenza come volontario all’interno dei Cav, i Centri di aiuto alla vita.
Lo psicologo Domenico Bellantoni ha saputo illustrare ai presenti, in gran parte volontari dei Cav di tutta Italia e a loro volta portatori non solo di quesiti ma anche di esperienze, le diverse reazioni tra uomo e donna di fronte a questa situazione ed evidenziando, in particolare per l’uomo, un’incapacità a diventare padre dovuto a diversi fattori tra cui l’infantilismo o un narcisismo patologico sempre più diffusi.
Altri esperti hanno poi raccontato esperienze da cui si evidenzia la persistenza di un modello in cui il peso di affrontare la decisione se portare o no avanti una gravidanza o, viceversa, l’impegno attraverso i Cav per evitare questo dramma è sempre ancora un “affare di donne”.
«Lascio decidere a te», è quanto si sente dire una donna di fronte al dubbio di interrompere una gravidanza. «Significa semplicemente lavarsene le mani» ha spiegato nella sua relazione Claudio Larocca, presidente Cav-Mpv Piemonte e valla d’Aosta oltre che formatore, aggiungendo che questo atteggiamento di disinteresse difficilmente spinge una donna a scegliere di tenere il bambino. Larocca ha quindi parlato della presenza maschile nei Cav come volontari. Al momento non supera il 20% e l’impegno troppo spesso viene declinato in lavori manuali. Eppure, ne è certo per sperienza personale, potrebbero avere un ruolo non indifferente: «Nei colloqui con una coppia la presenza di un uomo del Cav serve a testimoniare che ci può essere un punto di vista maschile ed è molto utile. Perché non può essere un uomo a riconoscere e trasmettere a una coppia che fin dal concepimento c’è una vita umana? Questo per molti padri, che inizialmente si mostrano indifferenti, può assumere un peso significativo».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche la testimonianza di Soemia Sibilla, direttrice del Cav Mangiagalli di Milano: «Quando una donna viene da noi spesso ha dietro un uomo che l’ha spinta a venire ad abortire oppure è scomparso abbandonandola». Ma anche lei spiega che il terzo atteggiamento, quello di dire “Per me va bene tutto. Decidi tu” equivale a un abbandono. Tutto questo fa parte della scomparsa del padre nella società: «Siamo una società senza padri. Non rappresentano più quel modello che può incidere nella crescita dei figli. E poi è ancora vivo il retaggio dell’uomo che non deve mostrare i sentimenti». Eppure, se solo lo volesse, una sua presa di posizione sarebbe preziosa. «Molte donne» racconta Sibilla, «hanno dichiarato che se fossero state sostenute dal padre avrebbero tenuto il bambino».
Da qui l’importanza da parte dei Cav di coinvolgere maggiormente gli uomini, per tenere unita la coppia verso la scelta di non abortire: «Dobbiamo ricordarci, quando prendiamo in carico un caso, che esistono anche loro. Sforzarci di pensare percorsi appositi per accoglierli e valorizzarli. Credo che basterebbero pochi accorgimenti per ricordare a un uomo che ha un ruolo decisivo nella scelta di una donna che affronta una gravidanza inaspettata o indesiderata».