Ceija Stojka, di etnia rom, aveva solo undici anni quando da Auschwitz arriva nel gennaio 1945 con la madre nel lager di Bergen-Belsen. Ad Auschwitz la piccola rom ogni mattina era costretta dal kapò a buttare giù dalle brande i cadaveri morti nella notte. Per Stojka, come capitò a tutti i rom sopravvissuti, ritornare alla normalità significò scontrarsi con gli antichi pregiudizi dei gadje (non rom) che continuano ancora oggi. «Quando tornai dal lager nella mia vecchia periferia di Vienna parecchi gadje ci osservavano: “Da dove vengono questi? Puoi continuare a lavarti quanto vuoi ma è inutile, sei uno zingaro, lo sarai per sempre e va bene così”. Nessuno però dice: “Grazie al cielo sono sopravvissuti! Che è successo? Come siete riusciti a cavarvela? Come avete fatto?».
Nel processo di Norimberga, tenutosi nel 1945 contro gli artefici dei delitti del regime nazista, nessun rom o sinto venne chiamato a testimoniare, anche se in alcune deposizioni (Gerrit Hendrick Nales, Otto Ohlendorf) si parla dello sterminio degli “zingari”. Con il trascorrere del tempo è «rimasto uno spazio», dice Claudio Vercelli, segnato da un’assenza che, come tale, non è casuale e che indica quanto i meccanismi della rimozione, già operanti nel passato, possono ancora funzionare nel presente», (Il mancato riconoscimento del Porrajmos a Norimberga, www.romsintimemory.it).
Solo nel 1980 il Governo Federale Tedesco approva un indennizzo una tantum di 5.000 marchi per chi era stato sottoposto a sterilizzazione. I requisiti per aver diritto al risarcimento vengono ampliati nel 1988 e nel 1998. Il primo riconoscimento ufficiale del Porrajmos data il 14 aprile 1994, la commemorazione avviene allo U.S. Holocaust Memorial Museum di Washington.
Nel 2012 a Berlino viene inaugurato un memoriale per i rom e sinti sterminati durante il genocidio nazista. Sono troppo scarsi i dati raccolti sulla persecuzione dei rom a opera del regime fascista in Italia. Nel “Rapporto conclusivo dell’indagine sulla condizione di rom, sinti e caminanti in Italia”, elaborato nel febbraio 2011 dalla Commissione straordinaria del Senato per la tutela e la promozione dei diritti umani si dice: «Abbiamo il dovere di compiere un atto di riparazione inserendo il genocidio dei rom tra quelli che vengono ricordati ogni anno il 27 gennaio nel Giorno della Memoria».
Il Porrajmos fu uno sterminio «che al pari», continua il Rapporto, «di quello degli ebrei fu condotto con scientificità e meticolosità in tutti i Paesi occupati dai nazisti. Alla base vi era la considerazione che i rom fossero una razza inferiore. Le deportazioni in massa nei campi di concentramento e sterminio iniziarono nel maggio 1940 con un primo rastrellamento di oltre 2.800 rom e proseguirono fino al 1944».
Il Rapporto precisa che i «rom e sinti furono imprigionati nei campi di concentramento di Agnone (convento di San Berardino), Berra, Bojano (capannoni di un tabacchificio dismesso), Bolzano, Ferramonti, Tossicia, Vinchiaturo, Perdasdefogu e nelle Tremiti».
Il sindaco di Agnone riuscì a rintracciare due rom deportati da San Berardino. Il 27 gennaio 2005 ha chiesto pubblicamente scusa: «La cittadinanza esprime la propria solidarietà a Tomo Bogdan e Milka Goman, ai loro familiari, al popolo rom per le sofferenze subite in conseguenza delle leggi razziali del 1938». Per rimarginare questa ferita storica e umana alcuni passi legislativi e culturali sono possibili: riconoscere nella legge n. 211 (20 luglio 2000) che istituisce il Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio del popolo ebraico, anche quello del Porrajmos: occorre «riaprire il capitolo della legge 482 del 1999 che riconosce le minoranze linguistiche italiane per includervi la minoranza rom e la sua lingua, il romanès», dice ancora il Rapporto parlamentare del 2011.