Il mare e la collina. Dal santuario di Gibilmanna alle acque di Cefalù è la diocesi siciliana, quest’anno, ad ospitare la Giornata nazionale per la Custodia del creato dedicata al Coltivare la biodiversità.
«Con questo tema», spiega il direttore dell’Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro, giustizia e pace e salvaguardia del creato, don Bruno Bignami, «abbiamo una ulteriore occasione per riflettere sul dono che Dio ci ha affidato che è la creazione. Un tema molto suggestivo. Intanto perché ci viene detto non solo di salvaguardare, ma di coltivare. C’è un ruolo attivo nella nostra umanità e anche nell’esperienza ecclesiale. Ruolo che va vissuto al servizio della creazione e del dono che Dio ci ha dato con la biodiversità».
Come si articola questo messaggio?
«I vescovi ci consegnano tre parole: la prima è contemplazione, la capacità di lodare Dio per ciò che è la varietà della creazione nella sua molteplicità. La seconda è di avere lo sguardo preoccupato. La preoccupazione è legata al fatto che oggi la biodiversità è minacciata, così come è minacciata la creazione laddove inquinamento e scelte irresponsabili dell’uomo rischiano di calpestarla».
E infine?
«Da ultimo c’è la parola impegno. Un termine che ci sollecita a essere attivi nel creare occasioni non solo di riflessione, ma di cambio di stile di vita, di capacità di coltivare la biodiversità nel quotidiano, di fare scelte a volte anche difficili e impopolari, ma che possono, in realtà, custodire meglio la creazione».
Per esempio?
«Basti pensare al riprendere i semi antichi, alla capacità di studio di ciò che è il valore della biodiversità e del suo impatto sull’uomo. L’agire richiede un discernimento comunitario sulle scelte più opportune».
Che contributo darete all’imminente Sinodo sull’Amazzonia?
«Al Sinodo ci saranno i delegati della Conferenza episcopale. Il nostro compito è di educare le coscienze e di educare i territori rispetto a questi temi e di renderci conto che l’Amazzonia non è qualcosa di lontano, ma che ha delle implicazioni molto vicine a noi, rispetto alla nostra vita quotidiana e al nostro vissuto per cui degradare e impoverire l’Amazzonia significa degradare una ipotesi di futuro anche per le giovani generazioni».