La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, dove il partito democratico ha la maggioranza, ha votato l’impeachment, cioè la messa in stato di accusa, del presidente Trump. Nelle prossime settimane Trump sarà processato dal Senato, dove il partito repubblicano ha la maggioranza. Quindi, salvo clamorose sorprese, Trump non sarà condannato e potrà continuare la sua campagna elettorale per essere rieletto il 3 novembre 2020.
Trump è il terzo presidente americano a subire l’impeachment. Prima di lui toccò ad Andrew Johnson nel 1868 e a Bill Clinton nel 1998. Richard Nixon, nel 1974, diede le dimissioni prima della messa in stato di accusa.Hanno votato per l’impeachment tutti i parlamentari democratici (tranne 3 contrari), contrari i repubbicani.
Trump è accusato di abuso di potere e di ostruzione del Congresso. Le accuse non hanno nulla a che fare con il cosiddetto Russiagate, cioè le presunte interferenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016. Trump è accusato di aver fatto pressioni, la scorsa estate, nei confronti del presidente ucraino Volodymir Zelensky. In una telefonata Trump ha chiesto a Zelesnky di aprire un’indagine su Hunter Biden, figlio di Joe Biden, l’ex vicepresidente di Obama e candidato forte dei democratici nella sfida elettorale per la Casa Bianca. Hunter Biden aveva un incarico in una società ucraina e Trump voleva prenderlo di mira per danneggiare il padre. Trump ha fatto pressioni sul neoeletto Zelensky (un ex attore comico, neofita in politica) minacciando di non concedere aiuti economici e militari all’Ucraina e ponendo l’apertura dell’indagine su Biden come condizione per dare il via libera a una visita di stato alla Casa Bianca.
Le trattative con Zelensky in seguito sono state portate avanti, in una sorta di diplomazia parallela, dall’avvocato di Trump, l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani. L’accusa di ostruzione del Congresso riguarda le pressioni di Trump su diversi funzionari federali per non farli testimoniare durante l’indagine della Camera.
Trump ha negato ogni interferenza e Zelensky ha negato di aver subito pressioni, ma Nancy Pelosi, speaker della Camera e figura di spicco del partito democratico, ha portato avanti la sua battaglia contro il presidente, fino al voto della notte scorsa. Messo alle strette, Trump ha reagito nel solito modo scomposto, con accuse personali nei confronti di Pelosi e con una irrituale lettera di 6 pagine in cui ha accusato la rivale politica di avere una “spregevole condotta”.
I toni sono molto accesi e confermano la crisi istituzionale degli Stati Uniti, un paese profondamente polarizzato, diviso tra chi considera Trump una minaccia per la democrazia e chi invece lo vede vittima di una “caccia alle streghe”. L’assoluzione di Trump al Senato, che durante il processo sarà presieduto dal presidente della Corte Suprema John Roberts, sembra scontata, tuttavia la messa in stato di accusa resterà una macchia sulla presidenza. Il processo, inoltre, si svolgerà in contemporanea con l’inizio della campagna elettorale del 2020. Il clima della politica americana resterà avvelenato ancora a lungo.