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8 MARZO
 

Le donne sono il motore del cambiamento

08/03/2014  La storia di Nicoli, 29 anni, di Cape Town, Sudafrica: grazie all'aiuto del Cesvi e a una carica personale straordinaria è diventata il simbolo della possibilità di dare un nuovo volto al proprio Paese: «Le donne contribuiscono a creare una società aperta e orientata al progresso, soprattutto nei Paesi più poveri».

© Roger Lo Guarro
© Roger Lo Guarro

Nicoli ha 29 anni e vive nella Casa del Sorriso di Cesvi a Cape Town, in Sudafrica, con i suoi due figli: Magnolia e Thabo. Questa è la sua storia.

«Non mi vergogno di raccontare la mia storia e di spiegare da dove vengo. Ho vissuto con mia mamma e mia zia fino all’età di 4 anni, quando mi hanno portata da un’amica di famiglia a Cape Town. Ogni tanto mia mamma - che nel frattempo aveva avuto un’altra figlia, mia sorella, che oggi ha 23 anni - veniva a farmi visita. Non immaginava cosa accadesse in quella casa. Un uomo della famiglia cui ero stata affidata mi ha violentata molte volte. A quel tempo ero troppo piccola e non capivo. Oggi so esattamente cosa è successo: non ricordo il nome di quell’uomo, ma le scene della sua violenza su di me sono impresse nella mia memoria. Sono rimasta lì fino a 11 anni, quando mi hanno lasciata in un orfanotrofio e poi in un altro ancora. A 14 anni ho deciso di scappare. Ho iniziato a vivere in strada con un’amica a Bloemfontein, dove ho conosciuto la droga, l’alcol, la miseria. Pensavo che quello fosse il modo giusto per “divertirsi”. Ma dopo quattro anni allo sbando, sono tornata dai miei familiari.

In famiglia non ho trovato serenità, ma altre violenze. Mio cugino mi ha stuprata due volte. Un giorno mi ha chiamata in una stanza e gli ho detto: “Cosa vuoi?”. Lui non ha risposto, mi ha afferrata con forza e ha abusato di me. Ho provato a raccontarlo a mia zia, ma non mi ha creduta. Diceva che volevo mettere nei guai la sua famiglia. Sono scappata di nuovo. A 21 anni ho conosciuto l’uomo che sarebbe diventato il padre dei miei figli. Ho cominciato a vivere con lui, eravamo felici. All’inizio era tutto bello, mi sentivo amata. Non avevo mai ricevuto affetto da nessuno, nemmeno da mia mamma. Elemosinavo amore. Dopo un anno di convivenza è nata nostra figlia Magnolia, che oggi ha 6 anni. Ma dopo 3 anni, qualcosa all’improvviso è cambiato. Il mio compagno ha iniziato a farmi violenze piscologiche e fisiche, mi dava botte in testa e in faccia. Le cicatrici si vedono ancora. Mi insultava dicendo cose terribili. Cercavo di stare tranquilla e di resistere, ma andavo a letto ogni sera con gli occhi cerchiati di blu per le botte. Ho vissuto in questa situazione per quattro anni».

© Roger Lo Guarro
© Roger Lo Guarro

Nicoli parla con voce calma e lenta. Scandisce bene le parole. Si sofferma sui dettagli, sulle date, sui luoghi. Non vuole tralasciare niente. Il suo racconto sembra un sussurro. Eppure è sconvolgente come un pugno nello stomaco. Ripercorre la sua storia offrendoci senza reticenze uno spaccato di vita fatto di povertà, violenze, ingiustizie e dolore. Una vita che le ha insegnato, nonostante tutto, il valore della comunicazione con gli altri. Per questo oggi parla della sua storia con dignità e consapevolezza. Non ha vergogna e non ha paura. Sa che non bisogna tacere. Sa che le sue parole potranno aiutare altre donne come lei. La vita l’ha tradita più volte, ma lei non ha smesso di avere fiducia negli altri. E così, grazie alle persone incontrate nella Casa del Sorriso, è diventata una donna libera. Una madre capace di crescere i suoi figli con amore, insegnando loro il rispetto e l’importanza di inseguire sempre i propri sogni. Dopo aver frequentato un training professionale, oggi Nicoli lavora come infermiera in un ospedale privato. A breve lascerà la Casa del Sorriso per cominciare una nuova vita con i suoi bambini.

«So che avrei dovuto denunciarlo, ma dentro di me dicevo: “Non posso farlo, lo amo”. Al quinto anno sono scappata via. Nel frattempo avevo avuto anche un figlio maschio, Thabo, che adesso ha 4 anni. Mi sono rifugiata dalla mia famiglia per 3 mesi, poi il padre dei miei figli è venuto a cercarmi implorandomi di tornare con lui, di dargli un’altra chance. Ho accettato. Mi prometteva: “Tutto andrà bene”. E invece ha ricominciato a picchiarmi e insultarmi. Per paura dormivo sempre fuori, in cortile. Era il sesto anno che passavo con lui. “Non posso continuare così” - mi dicevo - quest’uomo mi ucciderà e non potrò mai più vedere i miei figli. Sono ancora giovane, devo scappare e lottare per la mia vita”. E così sono venuta a Cape Town e ho vissuto per strada con i miei bambini per tre mesi».

© Roger Lo Guarro
© Roger Lo Guarro

«Poi a giugno è iniziato l’inverno, faceva molto freddo. Ho temuto che i miei figli morissero congelati. Sono andata dalla polizia e lì ho incontrato una donna, un’assistente sociale che mi ha portata da Mama Pilisani, alla Casa del Sorriso del Cesvi, chiedendole di ospitarmi. Questo incontro ha segnato l’inizio della mia nuova vita. Nella Casa ogni giorno ricevo cure e amore, tutti mi dicono: “Sei bella Niki, i tuoi figli sono meravigliosi, non importa quello che è successo nel tuo passato, siamo qui per te”. Mi danno ciò che non ho mai ricevuto: la mia vita è cambiata e mi sento finalmente libera dalla paura. Il mio ex compagno mi inculcava nella mente un senso di nullità e di impotenza ripetendomi: “Non sei nessuno, tua madre non ti ha mai voluta, non vali niente, sei una prostituta”. 

Mama Pilisani non si stanca mai di incoraggiarmi: “Sei una persona speciale e ti meriti tanto dalla vita. Devi rialzarti per te stessa e per il tuoi figli”. La Casa del Sorriso ha aperto la strada ai miei sogni. Sto frequentando un corso per diventare infermiera, seguendo la mia più grande passione. Sono fiera di me. Ogni sera, prima di dormire, prego Dio perché mi dia la possibilità di crescere i miei figli e di vederli diventare grandi. Voglio insegnare loro l’amore, il rispetto e la comunicazione con gli altri. Voglio insegnare loro a lottare per quello che vogliono, come ho imparato a fare io. Un giorno dirò a Magnolia e Thabo: “Le persone buone esistono. E l’aiuto di queste persone vi può portare ovunque in questo mondo. A volte basta che qualcuno ti tenda la mano, indicandoti la strada per raggiungere il tuo traguardo… poi accade tutto quello che desideri, perché nulla è impossibile”».

© Roger Lo Guarro
© Roger Lo Guarro

«Le donne sono il motore del cambiamento. Grazie al loro ruolo centrale nella gestione e nell’educazione della famiglia, contribuiscono a creare una società aperta e volta al progresso, soprattutto nei Paesi più poveri. Proprio per questo, in ogni nostro progetto, ricerchiamo il coinvolgimento delle donne locali in quanto chiave di un successo duraturo». Con queste parole, Giangi Milesi, Presidente del Cesvi, vuole ricordare le donne in occasione dell’8 marzo. «Troppo spesso questa giornata è solo un’occasione per sottolineare i diritti negati delle donne. Noi vogliamo celebrarne il coraggio e la capacità di lottare per sé e per i propri figli» continua Milesi.   

La storia di Nicoli è l’emblema di questo coraggio.  Oltre allo stupro fisico, ha dovuto superare anche la paura di non valere nulla. In Sudafrica, come nel resto del mondo, le donne che subiscono violenza sessuale devono combattere prima di tutto contro l’annullamento di se stesse. L’uomo che le stupra, spesso un loro partner o familiare, oltre a violare il loro corpo, elimina ogni traccia di rispetto e amore per se stesse.   Stupri pubblici anche a donne gravide, brutalità fisico-verbali, trasmissione dell’Aids e omicidi sono pericoli costanti per le donne sudafricane, considerate parti deboli di una società di cui, paradossalmente, sono i pilastri fondanti. Secondo il rapporto dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) il 45,6% delle donne africane sono vittime di violenza sessuale e la violenza domestica rappresenta la causa del 40-70% degli omicidi femminili. Cifre elevate, legate principalmente ad una radicale accettazione sociale dell’abuso sessuale.  

Ma qualcosa sta cambiando. Molte donne come Nicoli decidono di scappare, salvando se stesse e i propri figli da un triste destino. Nella Casa del Sorriso di Philippi alla periferia di Cape Town, in Sudafrica, queste donne non trovano una semplice casa di accoglienza, ma un vero è proprio punto da cui ripartire. Dal 2007 (anno di fondazione), circa 50 donne l’anno hanno potuto superare la paura e riscattare la propria vita. Oltre a un posto sicuro e a pasti caldi per sé e per i propri figli, hanno trovato la possibilità di rimettersi in gioco grazie ad attività di training professionale e al supporto nella ricerca di un impiego.

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