«La Chiesa c’è perché questa è una esperienza di liberazione». Don Gianluca Marchetti, sottosegretario della Cei, firma, per conto dei vescovi italiani il rinnovo del protocollo Liberi di scegliere. Un progetto, nato dall’intuizione dell’allora presidente del tribunale dei minori di Reggio Calabria, Roberto Di Bella (oggi a Catania), per dare una nuova possibilità di vita ai figli delle famiglie mafiose e alle loro madri. Oggi sono più di 150 i ragazzi e oltre 30 le donne che hanno ricominciato, lontano dalle logiche mafiose, a rimettere in piedi le loro esistenze. «È un piccolo progetto dalle grandissime prospettive», aggiunge il sacerdote. «Si tratta di offrire ai ragazzi di queste terre e alle madri di questi ragazzi delle alternative per uscire dalla cultura mafiosa e delinquenziale che li rinchiude in un mondo nel quale si può diventare soltanto manovalanza delle mafie. Un progetto che nasce dall’esperienza di giudici coraggiosi e di Libera ed è stata fatta propria dalla Chiesa proprio perché dà speranza. Vogliamo impegnarci sempre di più perché, grazie anche alla nostra capillare presenza sul territorio, con i vescovi, le parrocchie, le diocesi in tutta Italia, si possa estendere questa esperienza anche oltre la Calabria».
Un passo importante è stato fatto proprio il 26 marzo quando, a firmare il nuovo accordo sono intervenuti, oltre a don Marchetti, i ministri della Giustizia, Carlo Nordio, dell’Interno, Matteo Piantedosi, dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, e le ministre dell’Università e della ricerca, Anna Maria Bernini, e per la Famiglia, natalità e pari opportunità, Eugenia Maria Roccella, assieme al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo. Inoltre agli uffici giudiziari del distretto di Reggio Calabria e Catania, si sono aggiunti anche quelli della Corte d’Appello di Napoli e Palermo, e una più ampia rete di associazioni tra cui i Salesiani per il sociale.
«La Chiesa crede fortemente in questo», sottolinea don Marchetti: «Nell’educazione delle persone e nella loro possibilità di un riscatto. Nella vera libertà di scegliere e non c'è libertà di scegliere se non c'è alternativa alla loro vita».
La Cei ci ha creduto talmente tanto che, fin dall’inizio, ha messo a disposizione anche «importanti fondi dell’8 per mille. Anzi», spiega il sottosegretario della Conferenza episcopale, «quando il protocollo è partito è stato finanziato esclusivamente da noi, non c’erano fondi statali. Ma noi non abbiamo messo solo i soldi, perché non basta sovvenzionare anche se è importante che quello che ci arriva con l’8 per mille torni sul territorio in possibilità di riscatto sociale oltre che si risposta a situazioni di povertà. È stato importante mettere a disposizione anche tutta una rete, da Libera alle parrocchie, alle Caritas che hanno accolto questi ragazzi e le loro madri. Non basta spostarli da una parte all’altra, occorre che ci sia anche una comunità che li accolga, delle persone, una rete di volontari, di competenze. Tutte cose che la Chiesa ha messo e continuerà a mettere in gioco con convinzione».