(Nella foto in alto: Lucetta Scaraffia)
Riempie di grande tristezza quanto si legge nelle dichiarazioni rilasciate al Corriere della sera da persona che ha responsabilità mediatiche, anche in Vaticano. E la tristezza diventa indignazione nel momento in cui si percepisce la profonda offesa che qui viene arrecata sia alle donne che agli uomini di Chiesa. A ciò si aggiunga l’ennesimo, triste, tentativo di separare papa Francesco dal clero e dalla comunità ecclesiale, in particolare dove si fanno affermazioni gratuite sul timore che i preti e i religiosi avrebbero del femminile e sul dilagare di omosessualità e pedofilia fra il clero. Sebbene il testo del quotidiano di via Solferino sia piuttosto articolato e in alcuni tratti condivisibile, a livello mediatico generale, il messaggio che è passato, come si può per esempio constatare nella titolazione de Il fatto quotidiano, al di là forse delle pie intenzioni dell’intervistata, è comunque inquietante e negativo.
Il teologo non avrebbe voce in capitolo se non si trattasse di una questione di senso: il rapporto, ovvero l’alleanza fra il femminile e il maschile nella Chiesa. Nessuno nega che si tratti di un’alleanza spesso infranta, ma che resta comunque in piedi e che va profondamente e sempre rinnovata e riproposta, anche in chiave teologica. Cogliamo quindi anche tale occasione per riproporre alcuni elementi di riflessione, con cui possa sostenersi il quotidiano impegno di chi, in maniera sana e nella continua ricerca dell’autentico, vive la propria missione nella comunità ecclesiale, anche cercando, per quanto gli compete, di ricomporre le alleanze infrante, che certo non si riconciliano attraverso i titoli e le affermazioni gratuite dei media.
Bisognerebbe, come sempre richiamarsi a Gesù di Nazareth, per esempio nel suo dialogo con la donna (Gv 4,27-30). Gesù non guarda alla donna, a questa donna, nonostante il suo passato, come ad una “tentatrice” (papa Francesco, Udienza Generale del 22 aprile 2015), bensì l’incontro con lui la porta a interrogarsi e a diventare evangelizzatrice dei suoi concittadini. Questa attenzione alle donne, che le narrazioni evangeliche attestano in diverse occasioni, si innesta sulla imprescindibile alleanza creaturale e storica fra maschile e femminile. L’attenzione alla natura che è fuori di noi, che abitiamo e di cui siamo partecipi, non ci può distogliere dalla nostra stessa natura e dal nostro essere creati a immagine e somiglianza di Dio in quanto maschio e femmina. Il che chiede la custodia di un’alleanza, anch’essa infranta a causa del peccato, e che, nelle Scritture Sante, è metafora del rapporto di Dio con l’umanità.
La stessa rivelazione del Dio unitrino, come descritta nella Dei Verbum, ha come fine la partecipazione dell’uomo alla vita stessa di Dio: «Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cf Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cf Ef 2,18; 2Pt 1,4)» (DV 2). E il testo latino recita “consortes divinae naturae”. E da questa metafora sponsale si genera quello che con audace espressione, mutuata dallo Pseudo Dionigi, Benedetto XVI ha richiamato “eros di Dio” (Deus Charitas est, 9).
La rottura dell’alleanza uomo/donna e il generarsi di conflitti, alimentati da ideologismi maschilisti o femministi, presenti anche nella Chiesa di oggi, non è dunque irrilevante per il nuovo umanesimo che la fede è chiamata a rigenerare. Di qui la necessità, come più volte ha ricordato papa Francesco, di custodire e mantenere tale alleanza costitutiva. L’impegno che, al di là di sterili contrapposizioni ideologiche, si attua in associazioni, gruppi, iniziative diffuse nel Paese a tutela della dignità delle donne non può non vederci simpateticamente attenti e partecipi, mentre non possiamo esimerci dalla denuncia profetica delle violenze, delle vessazioni, delle disparità che le nostre donne spesso subiscono e che – come anche papa Francesco ha spesso richiamato – rendono le “pari opportunità” ancora tanto lontane, da sembrare impossibili, segnando anche in campo ecclesiale una notevole distanza dal riconoscimento di quel “genio femminile” caro alla Mulieris dignitatem di san Giovanni Paolo II.
Ma nella riflessione sul rapporto uomo/donna, un’alleanza in particolare ci sta a cuore come credenti nel Vangelo, ed è l’alleanza fra Cristo (sposo) e la Chiesa (sposa). Quando essa risultasse infranta la comunità cristiana perderebbe il suo senso e, come ci ricorda spesso il vescovo di Roma, si ridurrebbe ad una ong. “Sacramento e strumento” dell’unità dell’uomo con Dio e dell’unità dell’intero genere umano, la Chiesa trova nel suo essere sposa di Cristo e madre dei credenti la sua identità. Diventa allora oltremodo drammatico il dover riconoscere le infedeltà dei suoi membri e le controtestimonianze che in essa e da essa si realizzano.
Purtroppo l’alleanza con Cristo della sua sposa risulta compromessa e spesso infranta a causa del peccato compiuto dai suoi figli. Nei momenti delle tenebre più fitte non dobbiamo né possiamo mai abbandonare il sogno di una Chiesa libera e povera, che inizia a realizzarsi nella libertà e povertà delle nostre persone e delle nostre comunità. La Chiesa non può non avere che un solo amore, una sola preoccupazione, una sola fedeltà: al suo sposo Cristo Signore. L'alleanza tra Cristo (sposo) e Chiesa (sposa) prende corpo nell'assemblea liturgica. Qui la Chiesa, nella forma della comunità convocata dalla Parola, agisce come sacramento, diventa cioè capace di generare quel legame che tiene uniti gli umani alla vita di Dio attraverso il Signore Gesù. La comunità cristiana non esiste per sostenere delle idee, ma per mostrare delle vie. Per renderne evidente e credibile una in particolare: l'insieme dei radunati attorno alla memoria di Gesù, divenuti per questo una chiesa, ha il compito di rendere visibile e credibile l'esperimento terreno di una umanità nuova, edificato sulle fondamenta dell'umanità di Gesù, fatta risorgere per grazia.
Solo da una seria riflessione su queste basi teologiche e dalla contemplazione del mistero si potrà riformare la Chiesa e si potrà contribuire a sanare le sue piaghe e a riconciliare le alleanze infrante in essa e nella società contemporanea.