E’ un’immagine che ci resterà impressa nella mente e nel cuore quella dell’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco in visita ai quartieri alluvionati della sua città, accompagnato dal parroco della zona di Brignole, don Mario Leonardi: l’impermeabile scuro sporco di fango, le scarpe fradice della melma del torrente Bisagno, l’umore scuro e intristito ma aperto alla speranza. Il cardinale è stato il primo a far visita a residenti, commercianti e ristoratori colpiti dall’ennesimo disastro, mentre altrove i politici locali giocavano allo scaricabarile delle responsabilità cercando di metterci il meno possibile la faccia. Quell’impermeabile scuro, inzaccherato, è il simbolo della Chiesa nel fango, la Chiesa che non ha paura di sporcarsi per recare conforto ai suoi figli.
Capita sempre più spesso che uomini votati alla cura delle anime prendano il posto degli uomini della cosa pubblica per tenere insieme l’ordito sfilacciato del vivere civile: dall’ambiente alla solidarietà, dall’assistenza alla legalità. Nel Mezzogiorno, da Napoli a Palermo, ormai è praticamente la regola.Tutto questo risponde ai valori del Vangelo ma non è certo il segno di un Paese che procede verso un sacrosanto benessere. “In due giorni abbiamo visto solo lei e il parroco”, ha urlato a Bagnasco una negoziante del posto. Tutti gli altri non si sono fatti vedere, o arriveranno con calma, come il sindaco Doria che la sera dell’alluvione era a teatro, o il governatore Burlando. Quanto ai politici nazionali, manco a dirlo. Il premier Renzi a Genova non è pervenuto, almeno nelle prime 48 ore, dei rappresentanti dell’opposizione, a cominciare da Berlusconi, nessuna notizia. Nemmeno Grillo, che abita a Genova, anche se sta sulle alture del quartiere chic di Sant’Ilario, dove l’alluvione si vede da lontano. Avrebbe potuto interrompere la convention per 24 ore e fare un salto da quelle parti. Troppo faticoso. Meglio invocare l’esercito. Le regole del marketing politico consigliano di tenersi alla larga dai disastri ambientali quando le responsabilità non sono chiare o sono chiaramente degli amministratori. Ma questa logica così politicamente cinica finirà per sommergere l’Italia intera. E gli italiani non dimenticano più tanto facilmente. E così Genova se la sono presa gli angeli del fango, quei giovani fieri di dare il loro contributo per far risorgere la città, armati di stivali e ramazza e soprattutto del loro entusiasmo, spesso coadiuvati dalle parrocchie. Sono loro, con la loro carica di ottimismo, l’arcobaleno di Genova.
Lo stesso Bagnasco ha ricordato di aver spalato con i suoi parrocchiani nel 1970, giovane coadiutore ai tempi dell’alluvione che costò numerosi morti. Da allora non è cambiato nulla. Nel 2011 la Caritas ha distribuito 500 mila euro alle famiglie disastrate, oltre ai 400 mila raccolti dalla diocesi e i 700 mila della colletta della Cei. Ieri la Cei ha stanziato un milione di euro. Ma non basta, non può bastare se la classe politica e amministrativa non cambiano passo. Anche lo Stato e le autorità preposte devono fare la loro parte. Ma non la fanno. Quel poco che cercano di realizzare finisce nelle spire della burocrazia, dei rimandi pretestuosi, nei cavilli venefici della giustizia amministrativa, in questo Paese ormai completamente bloccato nella melma, non solo metaforica.