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martedì 25 marzo 2025
 
 

Il cardinale Kasper: la Chiesa vi ama e vi vuole felici

15/03/2014  La nostra intervista al cardinale Walter Kasper: «Non si può modificare la parola di Gesù, che è vincolante. La dottrina del matrimonio non muta, è la disciplina che deve tener conto delle nuove realtà, caso per caso».

“Misericordia è il nome di Dio”. L’allora cardinal Bergoglio, prima del conclave, si rivolge così al teologo Kasper prendendo dalle sue mani il libro sulla misericordia che poi citerà dalla finestra nel suo primo Angelus da Papa. E misericordia è la parola che pronuncia più volte il cardinale tedesco, relatore al Concistoro straordinario sulla famiglia. Nella sua abitazione di piazza Leonina, circondato da libri, il cardinale Walter Kasper parla di anche di felicità, di quella “normale che la maggioranza della gente cerca in una famiglia stabile, con dei figli. La Chiesa deve fare tutto il possibile, ha il compito, la missione di aiutare la gente a trovare questa felicità, che non è un semplice sentimento. Ha il dovere di aiutare a costruire una famiglia sana. Ed è in una famiglia stabile che un bambino cresce felice, altrimenti le fratture saranno un peso nella sua vita”.

Nella sua relazione lei ha spiegato che c’è un abisso tra la dottrina della Chiesa sulla famiglia e il vissuto reale dei cristiani. Come colmarlo?

“Sì, questo abisso ovviamente c’è e non solo in Italia. Ma c’era già durante la vita di Gesù. Anche gli apostoli erano molto sorpresi dalle sue parole. Ma quando Gesù dice che quel che Dio ha legato, l’uomo non può scioglierlo dice anche che è Dio che lega, che abbraccia le due persone, che vuole aiutarle affinché possano riuscire nel loro progetto di vita. Forse dobbiamo ben comprendere e interpretare e spiegare la dottrina della Chiesa. La dottrina non vuol essere un giogo, un peso, ma un invito e anche un aiuto a trovare la felicità. Questo non vuol dire che non ci sono problemi. Ci sono tante difficoltà e non soltanto quelle morali, ci sono problemi di economia, di condizioni lavorative, di abitazione. E c’è anche un compito sociale della Chiesa che deve contribuire perché la nostra società moderna sia più amichevole per le famiglie”.

Lei sostiene che non bisogna partire da un elenco di insegnamenti e comandamenti, né fissarsi sulle questioni roventi. Come agire allora?

 “I comandamenti di Dio vogliono aiutare a trovare la libertà, la felicità. Dobbiamo spiegare questo. Ed è un insegnamento che possiamo offrire, ma non imporre. Io credo che dobbiamo mostrare la bellezza della famiglia, la bellezza della vita cristiana. La bellezza convince, non i comandamenti imposti all’altro”.

Eppure questi comandamenti a volte sono avvertiti come un peso. Soprattutto quando un’unione fallisce.

“Il fallimento è possibile anche per un cristiano e vediamo che oggi, purtroppo, ci sono molti matrimoni che falliscono. Ma anche in queste situazioni la Chiesa deve essere vicina, aiutare, consigliare, incoraggiare. Il grande problema che stiamo dibattendo è come fare tutto ciò senza venir meno alla dottrina. Perché dobbiamo essere chiari: la dottrina non si può togliere e non si può cambiare la parola di Gesù che è vincolante. Quello che si può fare è riflettere sulla differenza tra dottrina e disciplina e dunque capire, come è antica tradizione della Chiesa, su come agire con i divorziati risposati. Vorrei anche dire che non esistono ‘i’ divorziati risposati”.

 In che senso?

“Voglio dire che non è possibile una soluzione unica perché le situazioni sono molto molto diverse. Ci vogliono discernimento, prudenza e saggezza per aiutare queste persone. Mi chiedo, per esempio, cosa fare con una donna abbandonata dal marito con dei bambini che ha una nuova situazione, magari con altri figli. Ha fallito il primo matrimonio, non ha potuto realizzare ciò che ha promesso davanti a Dio, alla Chiesa e agli uomini. Ma adesso non può ritornare nella prima situazione e anche abbandonare la seconda sarebbe una nuova colpa. Eppure, mi chiedo, se fa ciò che può fare, se vive una buona vita cristiana, se educa i suoi figli nella fede, le si può negare l’assoluzione del peccato? Ogni peccato può essere perdonato se il peccatore lo chiede. Secondo me, davanti Dio, non è possibile che esista una situazione in cui uno si trovi immerso in una buca senza via d’uscita. Questo è contro la misericordia di Dio. Non ci sono peccati che non possono essere perdonati.

In concreto vuol dire che si può riaccostare ai sacramenti?

“È una domanda che pongo. Se questa persona crede alla remissione dei peccati, anche se si trova in questa situazione, può accostarsi di nuovo alla mensa del Signore? Ma io non posso dare una risposta, non posso decidere io, deve decidere la Chiesa. Ci sarà un Sinodo straordinario e poi uno ordinario sulla famiglia e il Sinodo, con il Papa deciderà su questo punto. C’è molta gente che aspetta una soluzione. Ripeto. La risposta non può essere generale perché le situazioni sono troppo diverse. Ma noi cerchiamo una soluzione per la gente che vive nelle nostre parrocchie, che si impegna, che ha desiderio serio di questo sacramento. Non cerchiamo una soluzione facile per chi vive queste cose in modo molto superficiale, molto lontano dalla Chiesa. Ci vuole un aiuto di misericordia senza toccare la dottrina e la parola di Gesù. Non sarebbe un aiuto per la gente abbandonare la dottrina. Ma il fallimento è possibile, noi tutti siamo peccatori e abbiamo bisogno del perdono di Dio ogni giorno. Su questo abbiamo aperto un dibattito libero, aperto, anche pubblico come vuole il Papa. E anche se qualcuno ha cercato di bloccarlo non è possibile. È una questione che tocca troppa gente”.

Si è parlato anche di nullità. È un problema?

“Molti curatori di anime sono convinti che tanti matrimoni in senso canonico non sono validi. Il matrimonio è un sacramento e presuppone la fede e se la fede non c’è il matrimonio in senso canonico è nullo. Bisogna chiedere che le procedure per la dichiarazione di nullità siano più veloci, più snelle. Su questo c’è un crescente consenso tra i vescovi. E poi dobbiamo pensare alla catechesi. Molti sono battezzati, ma non evangelizzate, sono battezzati, ma di fatto non sono veri cristiani, sono battezzati, ma sono pagani. E se si sposano in chiesa senza la fede il sacramento non è possibile. Per questo occorre migliorare la preparazione prematrimoniale partendo già da prima, dalla pastorale giovanile”.

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