(Foto Asa/Matteo Bazzi: il team dei medici cinesi in arrivo all'aeroporto di Malpensa.)
“Siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino”: è la frase scritta in italiano comparsa sullo striscione che i medici cinesi, appena atterrati, hanno dispiegato all’aeroporto di Malpensa. Due giorni fa un volo charter operato dalla China Eastern Airlines ha trasportato in Italia 12 esperti cinesi - medici rianimatori e infermieri - da varie parti del Paese compresa Wuhan e 17 tonnellate di aiuti umanitari - tra medicinali, apparecchiature per la terapia intensiva come respitatori e monitor, dosi di reagente per i tamponi, dispositivi di protezione - per gli ospedali italiani al collasso, dove c’è urgente bisogno di nuovo personale medico per combattere il Covid-19. «Il nemico si può sconfiggere», hanno detto ieri, in visita agli ospedali di Padova, nel giorno in cui la Cina ha registrato il record di zero casi nuovi di contagio interno. «I colleghi italiani potranno adottare i nostri protocolli, adattandoli alla situazione locale», hanno spiegato. A partire dalla raccomandazione di fare più tamponi possibile, ad ampio raggio.
Da Pisa la dottoressa Carola Martino, chirurgo d’urgenza, ha salutato l’arrivo dei medici cinesi come «una cosa magnifica», affermando che oggi la Cina sta aiutando l’Italia come il nostro Paese lo ha fatto con la Cina dodici anni fa, quando a maggio del 2008 il Sichuan è stato devastato da un terribile terremoto. Allora, la dottoressa Martino ha guidato l’ospedale da campo italiano che prestava assistenza nelle aree più martoriate.
Certamente l’arrivo del personale sanitario cinese è un enorme aiuto per gli ospedali italiani. Ma vanno considerate anche le implicazione economiche e politiche di questa solidarietà. Proprio un anno fa, il 22 marzo 2019, il presidente cinese Xi Jinping è arrivato in Italia per inaugurare l’adesione del nostro Paese (primo e unico tra quelli del G7) alla cosiddetta “Nuova via della seta”: ovvero al grande piano infrastrutturale che la Cina da anni porta avanti tra Asia, Europa e Africa (One belt, one road, una cintura, una strada). Si tratta di una grande rete di collegamenti infrastrutturali e commerciali per connettere la Cina all’Europa e all’Africa seguendo due direttrici, una continentale e una marittima. Il piano, molto complesso, è stato annunciato nel 2013 e mira a estendersi in 65 Paesi. Una volta portato a termine, ridisegnerebbe nel prossimo futuro i flussi economici mondiali e gli equilibri geopolitici rafforzando enormemente la posizione della Cina e la sua centralità nel commercio internazionale.
Con la pandemia del coronavirus (di cui la Cina è stata focolaio), Pechino ora ha l’occasione di ridefinire gli schemi geopolitici a suo vantaggio, recuperando credibilità e forza sul piano internazionale. Il modo migliore è mettersi a disposizione delle altre nazioni che vivono l’emergenza esportando aiuti. Ha mandato supporto medico alla Cambogia, ha dato sostegno all’Iran e all’Iraq. Guarda con interesse particolare all’Europa. L’Italia per la Cina è cruciale: non solo è il primo Paese europeo per numero di contagi, è anche quello con cui Pechino ha siglato la “Nuova via della seta”, che ora va rafforzata.
E poi c’è la Spagna: il ministro degli Esteri Wang Yi ha offerto supporto medico alla seconda nazione europea con il numero più elevato di casi di coronavirus. A beneficiare degli aiuti asiatici anche la Francia, la Polonia, i Paesi Bassi. Alcuni giorni fa la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen a Bruxelles ha ringraziato la Cina per il suo sostegno - dopo aver avuto una conversazione telefonica con il premier cinese Li Keqiang - e ha affermato che «la lotta contro il coronavirus è globale e dobbiamo sostenerci a vicenda nel momento del bisogno».
La solidarietà cinese è importante, ma non sarà gratuita. La Von der Leyen ha ricordato che l’Ue ha dato supporto alla Cina lo scorso gennaio, quando nell’Hubei è scoppiata l’epidemia. Ma non si tratta certo di semplice riconoscenza. Ben vengano allora gli aiuti dal gigante asiatico in questo momento così drammatico per l’Italia. Ne abbiamo bisogno, non possiamo che esserne grati. Ma con la consapevolezza che, prima o poi, in termini economico-commerciali e geopolitici, ci verrà presentato il conto.