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sabato 17 maggio 2025
 
viabilità
 

La città dei 30 all'ora? Per capirla appieno guardiamola con gli occhi di un bambino

08/02/2024  La città del futuro non dovrebbe aver bisogno delle polemiche, di questi giorni perché l’automobile sarebbe finita in fondo alla classifica delle nostre necessità quotidiane lasciando spazio ad una mobilità dolce e gentile (di Paolo Piacentini)

di Paolo Piacentini

Molti anni fa ebbi il privilegio di coordinare il Tavolo Nazionale sulla Mobilità Sostenibile istituito presso il Ministero dell’Ambiente. Fu un’occasione straordinaria per far dialogare istituzioni centrali, regioni e città. Dal quel lungo confronto, che ebbe come co-protagonista principale il Ministero dei Trasporti, arrivarono una serie di proposte operative e finanziamenti importanti da parte del Governo sulle misure più idonee per trasformare la mobilità nelle nostre città. Parlammo a lungo anche della questione dei 30 km orari in alcune zone della città e le considerazioni tecniche relative all’aumento della sicurezza stradale. Potrei qui riportare tutte le considerazioni che giustificano una misura tanto studiata per aumentare notevolmente la sicurezza di pedoni e ciclisti ma vorrei approfittare invece per rilanciare alcune riflessioni più profonde.

Se provassimo a guardare le città con l’occhio delle bambine e dei bambini, come provò ad insegnarci il professor Tonucci nel suo bellissimo libro La città dei bambini , forse l’accettazione della misura dei 30 all’ora ci apparirebbe naturale superando strumentalizzazioni e posizioni che oserei definire ideologiche. E’ molto bella l’immagine di copertina di quel libro, uscito molti anni fa ma ancora attualissimo. Dei bambini giocano per strada vicino ad un cartello con su scritto: scusate il disturbo, stiamo giocando per voi”.  Un cartello che parla alla coscienza di noi adulti, distratti dalla frenesia di città che hanno dimenticato la presenza delle persone più fragili ma soprattutto la multifunzionalità e fruibilità dello spazio urbano.

La città non può essere dominata dalla cultura dell’automobile, perché quando scendiamo dalla gabbia di lamiere che ci  trasporta velocemente da un luogo ad un altro, diventiamo tutti pedoni o trasformarci in ciclisti. Lo spazio urbano deve essere accessibile a tutte le persone e lo deve essere garantendo la massima sicurezza.

Un cieco mi raccontava di come la loro vita in città è complicata da barriere architettoniche che non riusciamo nemmeno ad immaginare. Spesso trovano degli ostacoli fastidiosi dalle bici parcheggiate male sui i marciapiedi, per non parlare del parcheggio selvaggio dei monopattini. Se immaginiamo una città in cui al centro tornano le persone, iniziando da quelle più fragili e dai bambini, l’automobile nella gerarchia della mobilità torna all’ultimo posto.

Proviamo a ripartire dalla centralità delle persone ricordandoci che quando usciamo da casa anche appartenessimo alla categoria del cittadino più pigro al mondo, prima di salire in macchina siamo pedoni. Nella città ideale a cui bisognerebbe tendere ( dovevamo iniziare da più di 20 anni) i 30 km orari diventano la messa a terra naturale di una mobilità consapevole in cui la riduzione di 5 minuti di percorrenza ( a volte anche meno) va a vantaggio della sicurezza generale e di una qualità della vita più alta.  Invece di stare ad emanare nuove disposizioni ministeriali per ridurre al minimo possibile la misura dei 30 all’ora, sarebbe importante cogliere l’occasione per ridefinire, l’organizzazione e il ruolo delle città. Un processo che va accompagnato da una forte sensibilizzazione su come modificare, anche a livello personale, i nostri stili di vita.   

Se ci pensassimo meno consumatori delle mille occasioni offerte dalla città e più cittadini che si prendono cura dell’altro e dello spazio pubblico che ci troviamo a condividere, potremmo maturare l’idea che più della velocità contano lentezza, attenzione e rispetto.

La lentezza deve diventare un valore e non una cosa da perdigiorno, come ci dovrebbe essere gioia nell’aspettare con tranquillità che tutti i pedoni, anche il più lento, abbiamo attraversato le strisce pedonali. Mi capita spesso, quando mi fermo per far passare un pedone (ricordiamoci che quella persona che attraversa potrei essere io o magari mio figlio)  di essere ringraziato per un gesto dovuto e previsto dalla legge.

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