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venerdì 08 novembre 2024
 
 

La competenza emotiva a scuola

20/10/2011  Sono state condotte diverse ricerche in alcune scuole dell’infanzia e primarie sulla competenza emotiva.

Negli ultimi anni si è assistito a un incremento, nei contesti educativi (in primis la scuola), dell’interesse e dell’attenzione nei confronti delle emozioni. A dimostrazione di ciò, vi è un significativo aumento di progetti e percorsi di intervento che pongono in primo piano le emozioni, riconoscendo a esse un ruolo determinante in diverse aree: sviluppo del pensiero e della conoscenza, costruzione del sé, motivazione, competenza sociale, benessere psicologico. In questa sede ci si soffermerà su un tema specifico, la competenza emotiva, che verrà brevemente inquadrato da un punto di vista teorico per poi presentare dati di ricerca recenti sull’efficacia di alcune metodologie di intervento nell’ambito dell’educazione delle emozioni a scuola.

La competenza emotiva è definita come la capacità di comprendere le proprie e le altrui emozioni e di saperle regolare al meglio al fine di instaurare efficaci interazioni sociali (Saarni, 1999). In particolare, a sottolineare la valenza pragmatica e la spendibilità di questa competenza nella vita quotidiana, gli studiosi di riferimento ne individuano alcune componenti che si sviluppano nel corso del tempo. Che cosa significa, dunque, essere “emotivamente competenti”? Con questa espressione si rimanda ad abilità come, per esempio, essere consapevoli del proprio stato emotivo oltre che saper riconoscere e comprendere le emozioni altrui. Vi è poi la capacità di esprimere le proprie emozioni imparando a dare loro un nome, ovvero possedere e saper usare un vocabolario degli stati interni emotivi. Altre abilità che concorrono a costituire la competenza emotiva sono la spinta empatica nei confronti delle esperienze emotive degli altri, il capire che ciò che si prova internamente non necessariamente corrisponde a ciò che si esprime (ovvero che a seconda della situazione e dell’interlocutore si può decidere di mostrare di più o di meno di quello che realmente si prova) e la capacità di far fronte a situazioni emotive a valenza fortemente negativa, cioè saper mettere in pratica strategie di autoregolazione degli stati emotivi soprattutto quando essi sono appunto molto dolorosi e intensi. Ancora, nel costrutto teorico di competenza emotiva rientrano la capacità di essere consapevoli che il modo di comunicare le emozioni, e quindi di condividerle, condiziona e definisce la natura della relazione con l’altro e, infine, l’autoefficacia emotiva, cioè il saper accettare le proprie emozioni, accoglierle, sentire di averne il controllo. Tutte queste abilità vengono accorpate in tre macrocategorie: espressione, comprensione e regolazione (Denham, 1998).

L’espressione delle emozioni avviene attraverso diversi canali di comunicazione, di tipo non verbale e verbale. Possiamo quindi esprimere le emozioni che proviamo (siano esse a valenza positiva, negativa o mista e più o meno intense) attraverso il volto, la postura, i gesti e i movimenti del corpo, il contatto corporeo, il tono della voce, persino l’abbigliamento che scegliamo di indossare. Oltre a questi canali non verbali, esprimiamo le emozioni attraverso la parola, utilizzando cioè quello che viene definito lessico psicologico emotivo-affettivo. Il bambino, già a partire dai due anni, inizia a utilizzare espressioni come “Ho paura”, “Sono arrabbiato”, “Sono contento”, “Ti voglio bene”, con i quali verbalizza e comunica le proprie emozioni e sentimenti (Bretherton, Beegley, 1982). Numerosi studi hanno messo in luce come il fatto di esprimere attraverso il linguaggio ciò che si prova aiuti i bambini a saper riconoscere e comprendere sempre meglio gli stati interni emotivi propri e altrui, specialmente se questo avviene in contesti di interazione e scambio conversazionale con adulti significativi o con i pari (Hughes, Lecce, Wilson, 2007; Tenenbaum, Alfieri, Brooks, Dunne, 2008). Il fatto, per esempio, che i genitori, in particolare le madri, nel rivolgersi ai bambini, utilizzino frequentemente un lessico psicologico è risultato essere un predittore della successiva capacità dei piccoli di mentalizzare e comprendere il proprio e altrui mondo interno (Denham, Kochanoff, 2002). Questo dato si rivela esser cruciale sul piano educativo, in quanto gli adulti, siano essi genitori, educatori o insegnanti, possono utilizzare più consapevolmente questo tipo di linguaggio con i bambini stimolandoli a fare altrettanto. In una recente ricerca-intervento, descritta qui di seguito, è stato dimostrato, infatti, che educare i bambini di età prescolare a usare il vocabolario delle emozioni li facilita lo sviluppo della comprensione emotiva (Grazzani, Ornaghi, 2011).

Definita anche come “teoria della mente emotiva” (Saarni, Harris, 1989), la comprensione delle emozioni è il secondo importante aspetto del costrutto di competenza emotiva, che si sviluppa a partire dalla prima infanzia. Essa riguarda la comprensione della natura delle emozioni, delle cause che le elicitano e del fatto che possono essere regolate o controllate mediante diverse strategie. Per quanto riguarda le cause, per esempio, il bambino dapprima è in grado di comprendere che le emozioni possono essere provocate da cause di tipo esterno (come il gioco preferito che si rompe o ricevere un pacco regalo) e, successivamente, a partire dai 6 anni circa, che le emozioni possono essere causate anche da fattori interni, come i pensieri, le credenze, i ricordi, i valori morali (Pons, Harris, de Rosnay, 2004).

La terza macro-categoria che racchiude alcune delle abilità della competenza emotiva sopra citate è la regolazione delle emozioni. Si tratta di un’attività psichica complessa e articolata, che costituisce un prerequisito per il buon funzionamento sociale. In letteratura,essa viene definita come l’insieme dei processi estrinseci e intrinseci coinvolti nella valutazione, nel monitoraggio e nella modifica delle reazioni emotive. Quotidianamente, le persone mettono in atto diverse strategie di regolazione emotiva di tipo cognitivo o comportamentale (Parkinson, Totterdell, 1999). Fra le strategie cognitive troviamo, per esempio, la capacità di distogliere l’attenzione da stimoli che provocano emozioni intense a valenza negativa, oppure, al contrario, di concentrarsi su aspetti specifici di una situazione mettendo in atto quella che viene definita “ruminazione mentale”. Fra quelle comportamentali, che quindi mettono in gioco la persona sul piano dell’agito, vi sono, per esempio, fare esercizio fisico, esercitare pratiche di rilassamento, allontanarsi fisicamente dalla situazione elicitante, parlare con qualcuno. Alcuni scelgono, quindi, di adottare strategie regolative di “evitamento” della situazione, altri di “coinvolgimento”.

La precoce predisposizione del bambino alla comunicazione diadica viene incentivata dalla regolazione emotiva reciproca fra caregiver e bambino che, sebbene inizialmente sia per lo più guidata dall’adulto, favorisce il passaggio dalla mutua regolazione all’autoregolazione. Il bambino, già nei primi mesi di vita, mostra delle condotte di regolazione come la suzione del pollice per calmarsi e la ricerca dell’adulto quando è spaventato; durante l’età prescolare mostra di saper usare strategie di regolazione emotiva che vanno dal controllo verbale al gioco di finzione, per poi giungere in età scolare a padroneggiare strategie di mentalizzazione emotiva (riflettere sulle esperienze emotive e verbalizzarle) e di distanziamento cognitivo (pensare ad altro) sempre più sofisticate.

Di seguito, vengono presentati due studi-intervento condotti rispettivamente nelle scuole dell’infanzia e primaria. Nel primo lavoro è stata indagata l’efficacia di attività finalizzate a incrementare l’uso del lessico emotivo da parte dei bambini sulla loro conoscenza e comprensione delle emozioni (Grazzani Gavazzi, Ornaghi, 2011). Nel secondo studio, tuttora in corso, l’obiettivo è quello di indagare se sia possibile favorire lo sviluppo di alcune abilità della competenza emotiva mediante un training sulla comprensione delle emozioni. Le due ricerche sono accomunate dallo stesso impianto metodologico generale, ovvero due gruppi di partecipanti (gruppo sperimentale e gruppo di controllo) e tre fasi di ricerca, pretest, training e post-test.

Studio 1. Come poco sopra anticipato, lo scopo della ricerca era quello di verificare se allenare bambini di età prescolare nell’uso attivo e consapevole del lessico emotivo giocasse un ruolo significativo nel favorire la comprensione dei termini emotivi e, più in generale, la comprensione degli stati interni di natura non epistemica. Alla ricerca hanno preso parte 100 bambini di 3, 4 e 5 anni, equamente divisi fra maschi e femmine, frequentanti tre scuole dell’infanzia di Milano e provincia. I bambini sono stati casualmente assegnati a due gruppi: gruppo sperimentale, che ha preso parte al training, e gruppo di controllo. A tutti i partecipanti sono state somministrate, prima e dopo l’intervento (ovvero nelle fasi di pre- e di post-test), prove di tipo linguistico e cognitivo finalizzate a valutare il loro livello iniziale e finale in merito alle competenze indagate (comprensione del lessico emotivo, comprensione delle emozioni, teoria della mente). I bambini del gruppo sperimentale, durante la fase di intervento, della durata di circa due mesi, sono stati coinvolti, due volte alla settimana e in piccolo gruppo, in attività di gioco linguistico e di conversazione finalizzate a stimolarli nell’uso di termini emotivi come arrabbiarsi, spaventarsi, ecc. Al contrario, i bambini del gruppo di controllo non hanno preso parte a nessuna attività di gioco linguistico. L’analisi statistica dei dati ha rivelato che, nella fase di post-test, i bambini del gruppo sperimentale hanno ottenuto, rispetto ai loro coetanei del gruppo di controllo, prestazioni significativamente più elevate nelle prove somministrate. Per quanto riguarda il test di comprensione delle emozioni (Tec, Albanese, Molina, 2008), per esempio, il punteggio medio dei bambini del gruppo sperimentale è passato da 3.55 a 5.08, mentre quello dei bambini del gruppo di controllo da 3.73 a 4.24. Inoltre, è emerso che il miglioramento è più evidente nei bambini di 3 e 4 anni, a dimostrazione del fatto che sono soprattutto i più piccoli a giovare di questo tipo di attività.

Studio 2. L’obiettivo generale di questo secondo training study, è quello di verificare l’efficacia di un intervento con bambini di età scolare sulla comprensione delle emozioni. Si tratta di una ricerca ancora in fase di svolgimento e si riportano i dati preliminari relativi a una parte del campione, 40 bambini frequentanti due classi seconde di una scuola primaria (età media: 7 anni e 3 mesi) di Monza, di cui 20 maschi e 20 fem-mine. Durante la fasi di pre- e post-test a tutti i partecipanti sono state somministrate prove finalizzate a valutare le loro competenze in termini di comprensione del lessico psicologico (sia cognitivo sia emotivo), di comprensione delle emozioni, di teoria della mente (in particolare una batteria di prove di comprensione della falsa credenza) e di comportamento empatico. Anche in questo caso il campione è stato diviso in due gruppi: sperimentale e di controllo. I bambini del gruppo sperimentale hanno partecipato a quindici incontri in cui venivano coinvolti dal ricercatore in attività sulla comprensione dell’espressione e natura delle emozioni, sulla comprensione delle cause esterne e interne delle emozioni e, infine, sulla conoscenza e comprensione delle strategie di regolazione emotiva (esempi di alcune delle attività proposte sono rintracciabili nel volume di Grazzani, Ornaghi, Antoniotti, 2011, La competenza emotiva dei bambini. Proposte psicoeducative per le scuole dell’infanzia e primaria). Tali attività sono state condotte per cinque specifiche emozioni: paura, rabbia, tristezza, felicità e colpa. Sebbene la ricerca non sia ancora conclusa, i primi dati sono incoraggianti. Le analisi statistiche mostrano che i bambini del gruppo sperimentale hanno ottenuto al post-test punteggi medi significativamente superiori rispetto a quelli dei bambini del gruppo di controllo. In particolare, tale miglioramento ha riguardato le prestazioni nella batteria di prove di teoria della mente, nel test di comprensione del lessico emotivo e nel test di comprensione delle emozioni. Limitatamente a quest’ultimo, per esempio, il gruppo sperimentale è passato da una media di 6,82 al pre-test a una media di 8,29 dopo il training, mentre il gruppo di controllo da una media di 6,94 a una media di 7,30. Alla luce di quanto emerge dalla letteratura e dai risultati ottenuti nelle ricerche qui brevemente illustrate, si può affermare che favorire nei bambini lo sviluppo della competenza emotiva li aiuta a stare meglio con loro stessi e con gli altri.

Quindi, una precoce e adeguata educazione alle emozioni, sviluppata in un contesto educativo come la scuola, può configurarsi come un’occasione importante per promuovere nei bambini abilità che permettono loro di conoscere meglio sé stessi e gli altri e possono costituire un fattore di protezione e di prevenzione nei confronti di condotte disadattative.

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