È una sentenza choc ma non giunge inaspettata. Per volere della Corte Costituzionale, che l’ha dichiarato illegittimo, cade il divieto di fecondazione eterologa previsto dalla legge 40 sulla fecondazione assistita. Per le motivazioni (relatore il giudice Giuseppe Tesauro) bisognerà attendere alcune settimane.
Questa sentenza, in particolare, ignora il diritto del neonato, che è il soggetto più debole e indifeso, ad avere un padre e una madre riconoscibili e riconosciuti e assolutizza in maniera pericolosa il presunto diritto, da far valere a tutti i costi, a diventare genitori. In che modo, non importa. Anche a costo di ricorrere a donatori esterni di gameti o stipulare contratti di maternità surrogata dietro compenso economico. Si aprono scenari inquietanti e difficili da gestire. A questo punto occorre tornare in Parlamento per una battaglia chiara e trasparente.
In questi dieci anni di vita, nonostante le picconate sistematiche arrivate dai tribunali italiani, la legge 40 ha avuto il grande merito di porre un limite etico sul tema della procreazione assistita fissando dei paletti precisi, arginando lo strapotere della tecnica e privilegiando, nei casi di coppie assolutamente infertili, il ricorso all’adozione. Ora si apre un Far west che rischia di travolgere tutto.
I giudici della Consulta erano chiamati a esprimersi sui ricorsi dei tribunali di Catania, Milano e Firenze i quali sostenevano che il divieto di ricorso all’eterologa, ossia praticata con gameti di un donatore esterno alla coppia, violava gli articoli 2, 3, 29, 31, 32, e 117 della Costituzione.
Inoltre, nel ricorso alla Consulta i tribunali ricordavano i principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e sottolineavano che la sentenza emessa nel 2011 dalla Grande Chambre, riguardante il caso di una coppia austriaca, non ha inficiato i dubbi di costituzionalità sollevati.
Già nel 2012 i ricorsi furono illustrati in udienza alla Consulta, che decise però il rinvio degli atti ai tribunali, data la sopravvenuta decisione della Grande Chambre.
L'illegittimità costituzionale, in particolare, riguarda gli articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1, della Legge 40 approvata nel 2004, governo Berlusconi, ministro della Salute Gerolamo Sirchia, e uscita indenne dal referendum del 2005.Ora si rischia il vuoto normativo su una materia delicatissima.
Con la decisione della Consulta, quindi, cade innanzitutto il divieto di fecondazione assistita eterologa, previsto dall'art. 4 comma 3 della legge, che riportava: «È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo». Cadono anche, di conseguenza, i due incisi che recitano entrambi «in violazione del divieto di cui all'art. 4, comma 3», cioè del divieto di eterologa, previsti nei commi 1 e 9 dell'art. 9, che resta ovviamente immutato per le altre parti e per i suoi contenuti, compreso il divieto di disconoscimento di paternità in caso di eterologa. Incostituzionale, infine, anche l'art. 12 comma 1 sulle sanzioni: «Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 mila a 600 mila euro».