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giovedì 12 settembre 2024
 
Lettera
 

«La crisi post pandemia renderà la vita dei nostri ragazzi ancora più difficile»

23/06/2020 

Sono in pensione da molti anni, e quindi ho potuto aiutare i miei figli a crescere i loro. Ora che i miei nipoti hanno un’età tra i 21 e i 12 anni li vedo avvicinarsi al momento in cui entreranno nel mondo del lavoro. Se confronto la loro giovinezza con la mia, mi preoccupa la difficoltà con cui possono trovare una collocazione. Per noi era facile: bastava avere voglia di lavorare, erano gli anni del grande sviluppo economico, gli anni del boom. Ma adesso? Lavori precari, mal pagati, con orari di lavoro spesso lunghi. Adesso anche da casa, perdendo la possibilità di condividere con i colleghi tante esperienze. La crisi economica che seguirà questa epidemia peggiorerà la situazione e renderà la vita di questi ragazzi ancora più difficile.

ATTILIO

Caro Attilio, le tue preoccupazioni sono condivisibili. E chi le sente di più sono proprio i giovani: in questi giorni è stata pubblicata una ricerca promossa dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica, condotta da Ipsos tra la fine di marzo e l’inizio di aprile 2020 con il ministero per le Pari opportunità e la Famiglia, dal titolo Covid 19. Rischio tsunami sui progetti di vita dei ventenni e trentenni italiani, a cura di Alessandro Rosina e Francesca Luppi. L’indagine ha coinvolto un campione di giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni in Italia e in altri grandi Paesi europei, in particolare Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. Oltre il 60% degli intervistati italiani ritiene che l’emergenza sanitaria avrà conseguenze negative sui propri piani per il futuro, seguiti a breve distanza dai giovani spagnoli. Meno preoccupati sembrano essere, invece, francesi e tedeschi (a percepire tale rischio sono rispettivamente il 46% e il 42%).

In particolare, sono proprio i giovani del nostro Paese coloro che più di tutti i loro coetanei europei hanno abbandonato – e non semplicemente posticipato – i propri progetti di vita, almeno nel breve termine. Ciò vale in particolare per le donne e per chi ha situazioni lavorative in proprio o precarie. Sono i giovani italiani che più dei loro coetanei degli altri Paesi sentono di dover rinviare o abbandonare l’idea di andare a vivere da soli, di sposarsi, di fare figli. Con il rischio che questo possa portare verso un ulteriore calo della natalità. Chi fosse interessato, trova il report completo sul sito www.rapportogiovani.it

Che cosa possiamo fare noi adulti? In primo luogo mantenere vivo in noi l’atteggiamento di speranza e di supporto ai ragazzi nella programmazione del proprio futuro, senza lasciarci andare al pessimismo. Questo aiuta i ragazzi a non demordere nella costruzione della loro vita. Poi spingerli a frequentare la scuola con una partecipazione attiva, in modo che al titolo di studio corrispondano autentiche competenze. Non dimentichiamo che tutti gli esperti concordano: il titolo di studio favorisce sempre l’accesso al mondo del lavoro. Infine, favorire sempre le esperienze lavorative, anche di breve periodo, fin dai tempi degli studi (scuola superiore o università), che consentono non solo di capire che cosa vuol dire lavorare, ma che creano reti di rapporti e un atteggiamento attivo nella ricerca di una collocazione.

 
 
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