Penso che l’odio che prolifera nei social stia debordando e i più giovani ne siano le prime vittime.
Adolescenti che si accoltellano o feriscono i loro insegnanti, ragazzini che in gruppo stuprano loro coetanee. La cronaca è piena e c’è da avere paura.
DANIELE
Risposta di Fabrizio Fantoni
– Caro Daniele, la paura è la naturale reazione a questi eventi, ma è anche il terreno fertile di coltura dell’odio. L’odio non è un raptus improvviso e feroce, ma qualcosa che viene coltivato nel tempo dentro di sé.
Si genera dalla paura dell’altro, inquietante perché differente da me. A questo “altro” si attribuiscono quelle caratteristiche che si vorrebbero avere o si pensa di non avere a sufficienza e si finisce per proiettare inconsciamente su di esso ciò che odiamo di noi stessi: ad esempio, odio l’altro perché riesce dove io non sono riuscito, cioè odio la mia incapacità.
Odio l’altro perché non posso possederlo (come in un amore disfunzionale) o non posso essere come lui (come nell’invidia feroce). Così si crea un nemico su cui concentrare tutto ciò che temiamo: le nostre insicurezze, le nostre angosce.
E ci si vendica distruggendolo. Gli adolescenti, più pronti a passare all’azione, sono i più esposti a dare luogo a queste manifestazioni di violenza. Tutti siamo chiamati a riconoscere l’odio, dapprima in noi stessi, perché è un sentimento semplice e appartiene a ogni essere umano. Lo possiamo trovare, a piccole dosi, nelle nostre parole, nelle personali intolleranze.
Non credo si possa estirpare: fa parte della nostra natura. Ma, attraverso l’uso del pensiero, della parola e della conoscenza, può essere controllato. Una persona che sta bene con sé stessa crea relazioni buone con chi le sta attorno.