Papa Francesco all'udienza generale in Aula Nervi (Ansa)
Quando la sua nave naufragò, San Paolo venne accolto a Malta. Oggi, invece, i migranti che sfidano il Mediterraneo «sono trattati come numeri e come una minaccia da alcuni governanti» che «tante volte non li lasciano sbarcare nei porti»: in occasione della settimana ecumenica, dedicata quest’anno al tema della ospitalità, Papa Francesco denuncia la «inospitalità» che rigetta molti migranti, e fa un appello affinché i cristiani lavorino «insieme» per «mostrare ai migranti l’amore di Dio rivelato da Gesù Cristo».
«Oggi, il mare sul quale fecero naufragio Paolo e i suoi compagni è ancora una volta un luogo pericoloso per la vita di altri naviganti», ha detto Jorge Mario Bergoglio nel corso dell’udienza generale. «In tutto il mondo uomini e donne migranti affrontano viaggi rischiosi per sfuggire alla violenza, per sfuggire alla guerra, per sfuggire alla povertà. Come Paolo e i suoi compagni sperimentano l’indifferenza, l’ostilità del deserto, dei fiumi, dei mari… tante volte non li lasciano sbarcare nei porti. Ma, purtroppo, a volte incontrano anche l’ostilità ben peggiore degli uomini. Sono sfruttati da trafficanti criminali, oggi!, sono trattati come numeri e come una minaccia da alcuni governanti, oggi!, a volte l’inospitalità li rigetta come un’onda verso la povertà o i pericoli da cui sono fuggiti. Noi come cristiani – ha detto Papa Francesco – dobbiamo lavorare insieme per mostrare ai migranti l’amore di Dio rivelato da Gesù Cristo. Possiamo e dobbiamo testimoniare che non ci sono soltanto l’ostilità e l’indifferenza, ma che ogni persona è preziosa per Dio e amata da Lui».
Il tema della settimana per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio), quest’anno, sviluppato dalle comunità di Malta, muove dall’episodio degli Atti degli Apostoli relativo all’ospitalità riservata dagli abitanti di Malta a San Paolo e ai suoi 260 compagni di viaggio vittime di un naufragio che dura 14 giorni. «Ci trattarono con gentilezza» (cfr At 28,2) è il titolo della settimana ecumenica.
«In contrasto con la brutale violenza del mare in tempesta, ricevono la testimonianza della “rara umanità” degli abitanti dell’isola», ha notato il Papa. «Questa gente, per loro straniera, si mostra attenta ai loro bisogni. Accendono un fuoco perché si riscaldino, offrono loro riparo dalla pioggia e del cibo. Anche se non hanno ancora ricevuto la Buona Novella di Cristo, manifestano l’amore di Dio in atti concreti di gentilezza. Infatti, l’ospitalità spontanea e i gesti premurosi comunicano qualcosa dell’amore di Dio».
L’ospitalità, ha proseguito il Papa, «è un’importante virtù ecumenica pure. Anzitutto significa riconoscere che gli altri cristiani sono veramente nostri fratelli e nostre sorelle in Cristo. Siamo fratelli… qualcuno ti dirà “ma quello è protestante, quello è ortodosso”, sì ma siamo fratelli in Cristo», ha sottolineato Francesco, che ha ricordato: «Penso ai tempi passati nella mia terra per esempio quando venivano alcuni missionari evangelisti un gruppetto di cattolici andava a bruciare le tende: questo non è cristiano, siamo fratelli, siamo tutti fratelli e dobbiamo fare l’ospitalità gli uni degli altri». Per il Papa, «le divisioni che ancora esistono tra di noi ci impediscono di essere pienamente il segno dell’amore di Dio. Lavorare insieme per vivere l’ospitalità, in particolare verso coloro la cui vita è più vulnerabile, ci renderà tutti i cristiani, protestanti ortodossi cattolici esseri umani migliori, discepoli migliori e un popolo cristiano più unito. Ci avvicinerà ulteriormente all’unità, che è la volontà di Dio per noi». Il Papa concluderà come ogni anno la settimana per l’unità dei cristiani presiedendo i Vespri nella basilica di San Paolo fuori le mura sabato prossimo, 25 gennaio, solennità della conversione di San Paolo: il suo esempio, ha detto oggi, «ci sostenga nella missione di annunciare la salvezza di Cristo a tutti, impegnando le nostre energie migliori».
E sempre il 25 gennaio in Cina e in altre parti del mondo si celebra il capodanno lunare. Una ricorrenza che il Pontefice ha voluto ricordare, in conclusione dell’udienza, inviando ai milioni di uomini e donne del lontano Oriente il proprio saluto cordiale ed «augurando in particolare alle famiglie di essere luoghi di educazione alle virtù dell’accoglienza, della saggezza, del rispetto per ogni persona e dell’armonia con il creato. Invito tutti a pregare anche per la pace, per il dialogo e per la solidarietà tra le nazioni: doni quanto mai necessari al mondo di oggi».