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lunedì 07 ottobre 2024
 
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«Italia, smetti di vendere armi a chi fa guerre»: il monito di Pax Christi

12/10/2019  «Alla Turchia, spiegano gli esperti di Rete Disarmo, abbiamo venduto negli ultimi 4 anni 890 milioni di euro in armamenti.  Nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7 millimetri, munizioni, bombe, siluri, razzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software. La guerra è pura follia, disse già san Giovanni XXIII nella Pacem in terris», ricorda in questo intervento don Renato Sacco.

Don Renato Sacco, 64 anni.
Don Renato Sacco, 64 anni.

Stanno uccidendo persone. E decine e decine di migliaia di civili stanno fuggendo. Sono stato molte volte in Iraq, anche al Nord al confine con Siria e Turchia. “Ma voi occidentali, voi italiani, l’unico modo che avete per aiutarci è vendere armi a chi poi ci massacra?”. Questo mi diceva una giovane donna incontrata nel Kurdistan iracheno oltre 10 anni fa. E aveva ragione. Anche l’Italia ha venduto armi durante la guerra Iraq-Iran a tutti e due i Paesi in guerra, per par condicio. Il 16 marzo 1988 l’esercito di Saddam utilizzò armi chimiche (gas prodotto dove?) contro la città curda di Halabja. I morti furono circa 5.000. Ma in tutta la guerra con l’Iran si pensa ci furono circa 100.000 morti curdi. Le mine disseminate sui confini con il Kurdistan iracheno erano made in Italy. Poi abbiamo addestrato i piloti di Saddam, nostro alleato, e contro la popolazione irachena abbiamo fatto la prima guerra del Golfo nel 1991 e poi la seconda nel 2003. L’Occidente ha fatto grandi affari. Ha difeso i propri interessi.

Così sta succedendo con l’Arabia Saudita e con altri Paesi del Golfo. Così succede con la Turchia, che sta in queste ore bombordando il nord della Siria, massacrando ancora una volta il popolo Curdo. Alla Turchia, ci ricordano gli esperti della Rete italiana disarmo, abbiamo venduto negli ultimi 4 anni 890 milioni di euro in armamenti. Ankara è da molti anni uno dei maggiori clienti dell’industria bellica italiana e le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129, di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri d'attacco italiani di AW129 Mangusta. Nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7 millimetri,  munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software.

Le parole, flebili e quasi sottovoce, della Comunità Internazionale non valgono quasi nulla se non sono seguite dai fatti. Davanti a questa guerra, ai bombardamenti di queste ore da parte della Turchia non possiamo essere spettatori, spesso autenticamente commossi, talvolta indifferenti: anche se in buona fede lo ignoriamo, noi siamo complici. Non dimentichiamo poi che in Turchia non si può neanche accennare, pena la galera, il genocidio degli Armeni. E la Turchia fa parte anche della Nato, come l’Italia. Di fronte ad una eventuale reazione Curda contro Ankara, noi Stato membro della Nato dovremmo intervenire a fianco di Ergodan?

Non bastano parole vaghe di condanna. La guerra va fermata con scelte concrete. E la prima è sicuramente non fornire armi a chi la combatte! La pace va costruita con scelte concrete. Ma se si investe di più sulla guerra che non sulla pace, ecco poi i risultati. E chi paga il conto sono sempre le persone. Io non sono un esperto di geopolitica internazionale. Ma non si può parlare del Medio Oriente, della Siria, dell’Iraq, dell’Iran, dell’Arabia Saudita, dello Yemen, di Israele e della Palestina senza mettere al primo posto le persone. Il prezzo che devono pagare, spesso con la vita stessa. Questo mi hanno insegnato i tanti incontri avuti in questi anni nel Nord dell’Iraq, e in altri Paesi in guerra. Se non si parte dalle persone, dalla loro vita, o morte, dalla loro storia saremmo solo freddi calcolatori. Le fabbriche di armi diventano opportunità di lavoro. La loro vendita un rilancio dell’economia, e così via.

E come non ricordare che lo scorso anno il Premio Nobel per la Pace è stato assegnato, insieme al ginecologo congolese Denis Mukwege, ad una donna che arriva da quella terra insanguinata da tanti anni, alla Yazida Nadia Murad, con la motivazione  della lotta alla violenza sessuale sulle donne, ormai diventata un’arma di guerra.

E’ con l’attenzione alle vittime, e soprattutto alle donne che dobbiamo leggere quanto succede. Per non diventare aridi osservatori o spettatori distratti. E cosa sta succedendo alle donne, agli uomini e ai bambini che Erdogan minaccia di mandare in Europa se alziamo troppo la voce? Persone usate come merce! Forse c’è un progetto di mandare qualche milione di profughi siriani in quella zona dove ora si bombarda, per indebolire la presenza Curda. Lo aveva già fatto tanti anni fa anche Saddam E ancora una volte le persone vengono usate per i propri interessi. Tutto ciò è abominevole.

Perché abominevole è la guerra. Anzi, per dirla con le parole di Giovanni XXIII nella Pacem in terris “Alienum est a ratione”. È pura follia.

                                                                                     don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi

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