Era la paura, o meglio il terrore che facesse male anche alle sue figlie, il sentimento che ha accompagnato Antonietta Gargiulo (39 anni) in questi ultimi mesi, in particolare dal 4 settembre quando ha deciso, dopo l’ennesima violenza, avvenuta prima in strada davanti al luogo di lavoro e poi a casa davanti alle sue bambine, che quanto il marito le stava facendo non era la vita che una mamma e moglie e due bambine potessero sopportare. «Ho paura, non voglio vederlo». Aveva capito Antonietta che Luigi Capasso, carabiniere di 43 anni, era ormai capace di tutto. Con un inutile atto di pietà aveva presentato un esposto alla polizia ma non una denuncia in quanto temeva che il suo gesto potesse far perdere il lavoro al marito che aveva sposato nel 2001.
Ora è in un letto di ospedale, gravemente ferita al volto, non sa ancora che Alessia di 14 anni e Martina di 8 sono state uccise, subito dopo il suo ferimento e che anche l’assassino, barricato in casa, si è tolto la vita dopo nove ore di trattativa.
Una famiglia inizialmente apparentemente serena dove però col tempo la folle gelosia e il temperamento violento del marito e padre aveva trasformato la vita in un inferno da cui, come sempre più spesso le cronache raccontano, è difficile uscirne. Ci aveva tentato Antonietta, mandandolo via di casa ma non era bastato quel gesto.
«È un copione già visto troppe volte, solo questa volta molto più tragico perchè a perdere la vita dopo una inutile trattativa sono state anche le due figlie». Lella Palladino, presidente della rete nazionale dei centri antiviolenza D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, commenta così il drammatico eccidio compiuto a Cisterna di Latina dal Carabiniere Luigi Capasso, che ha ferito gravemente la moglie e ucciso le due figlie, prima di togliersi la vita. «È ormai assodato che il momento in cui una donna decide di separarsi è un momento critico, quello in cui più frequenti sono le reazioni violente e il femminicidio. Ma attualmente le misure che permettono di limitare i contatti, allontanare gli uomini violenti e proteggere le donne e i figli sono ancora troppo deboli e complesse da applicare, al punto che spesso è troppo tardi».
Antonietta, insieme al marito, frequentava un gruppo di preghiera della Parrocchia di San Valentino di Cisterna e negli incontri suonava la chitarra. Secondo un amico negli ultimi mesi aveva deciso di non partecipare più perché si doveva occupare da sola delle sue figlie.«Difficile spiegare cosa è accaduto» ha raccontato il parroco don Livio Fabiani in un'intervista a Tv2000. «Facevano parte della comunità carismatica di Rinnovamento nello Spirito. Ci siamo conosciuti e siamo entrati in confidenza. Poi quando si sono sposati hanno continuato a venire in parrocchia. Le bimbe sono state battezzate qui. E dopo hanno frequentato il catechismo. La figlia più grande Alessia era entrata anche a far parte dei giovani dell'Azione Cattolica. Ma quattro cinque mesi fa si è chiusa, il suo carattere è cambiato. Non ha più frequentato».
E’ intervenuto anche monsignor Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, interpellato dall’Agenzia Sir: «La tragedia che ha sconvolto oggi la città di Cisterna, e in particolare la comunità parrocchiale di S. Valentino, getta nello sconforto per l'immane dolore che rivela e trasmette. Questo è soprattutto il momento della partecipazione, del cordoglio, della preghiera. Non si dovrà certo smettere di riflettere, comprendere e cercare di agire per prevenire simili atrocità. Ci sono senza dubbio cause molteplici accumulate nel tempo e tutti siamo, in vario modo, tirati in ballo e interpellati nelle nostre responsabilità». Il presule ricorda che «la comunità parrocchiale, a cominciare dai presbiteri, ha cercato di accompagnare e sostenere una famiglia ormai in grave difficoltà per l'insostenibilità ulteriore della relazione di coppia, coinvolgendo anche la figlia maggiore nell'Azione Cattolica. Ma non è bastato. Troppo complicato è il groviglio della psiche umana e delle relazioni difficili nelle relazioni di coppia e di famiglia».