Una scena del film "Il dottor Stranamore".
Da quando Donald Trump è alla Casa Bianca gli Stati Uniti hanno perso qualsiasi credibilità sulla scena internazionale. La diplomazia della più grande potenza del mondo è affidata all’ignoranza, agli umori e ai capricci di un presidente che non sa che quello che dice e senza la minima idea delle conseguenze dei suoi annunci e delle sue decisioni.
Di fatto il Dipartimento di Stato e la rete diplomatica degli Stati Uniti sono esautorati dalla Twitter diplomacy di Trump, il quale fa e disfa la politica estera degli Usa con le poche decine di caratteri di un tweet. L’ex Segretario di Stato (cioè il ministro degli Esteri) Rex Tillerson, in carica fino al 31 marzo del 2018, aveva spiegato in modo molto chiaro lo stile di lavoro di Trump: “E' piuttosto indisciplinato, non ama leggere, non legge i rapporti, non ama andare nei dettagli di tante cose”.
Il comportamento di Trump negli ultimi giorni è esemplare. Prima annuncia su Twitter il ritiro degli ultimi soldati americani dalla Siria, spiegando che la sua intenzione è tirar fuori gli Stati Uniti da “queste ridicole guerre infinite”. Quando Trump si accorge , anche per le feroci critiche che gli piovono addosso da politici democratici e repubblicani, che che il suo tweet è di fatto un “via libera” all’attacco della Turchia contro i Curdi, fa una mezza marcia indietro.
Così ecco il tweet in cui il presidente minaccia di “distruggere” l’economia turca se l’attacco contro Curdi andrà oltre non meglio precisati limiti (nessuno sa quale sarebbe la linea rossa che i turchi non dovrebbero oltrepassare).
Dopo un nuovo ripensamento, arriveranno gli elogi ai curdi (“non li abbiamo abbandonati, sono un popolo speciale e magnifici combattenti”) anche se in seguito Trump, parlando ai cronisti nella Roosevelt Room della Casa Bianca, ha rivolto ai curdi l’incredibile accusa di non aver aiutato gli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale. “In Normandia, ad esempio”, ha detto Trump ai cronisti sbigottiti, facendo intendere che il popolo delle montagne è colpevole di non aver aiutato gli americani sbarcati sulle coste della Normandia per liberare l’Europa dal nazismo.
Secondo l’analisi del politologo Hal Brands, analista della Johns Hopkins-SAIS di Washington, la politica estera di Trump è fatta di “scelte sconsiderate, cattivi accordi e provocazioni pericolose”. Trump, scrive Brands sulla rivista Foreign Affairs, “ha spinto gli Stati Uniti in un vicolo cieco con l’Iran, la Corea del Nord e il Venezuela. Ha compromesso gli sforzi per far terminare la guerra in Afghanistan. I danni della guerra commerciale di Trump contro la Cina sono crescenti e al tempo stesso la lacerazione delle alleanze decisa dal presidente lascia gli Stati Uniti più deboli e più isolati”. Un quadro desolante. E la previsione di Brands è che quello che sta per cominciare, l’ultimo anno di presidenza, potrebbe essere il più pericoloso. Per Trump, gli Stati Uniti e il resto del mondo.