Il teologo Piero Coda
La liturgia in primis e poi l'arte in tutte le sue espressioni hanno educato il popolo di Dio ad associare il sacro al bello. Per tale ragione, desta particolare sorpresa la grande devozione popolare che ruota attorno a immagini violate e ferite come quella della Madonna della Grazia di Galatone. Monsignor Piero Coda, teologo e preside dell’Istituto Universitario Sophia di Incisa in Val d’Arno, fondato da Chiara Lubich, ci aiuta a comprendere le ragioni che smuovono i cuori di tanti fedeli verso la venerazione di tali icone che portano su di sé i segni della ferocia umana.
«Il Dio cristiano, rivelato in Gesù, è il Dio che si fa uno con la realtà di sofferenza dell’umanità. Il Figlio di Dio si fa carne e sulla croce si fa peccato e maledizione per noi. E Maria, sempre associata nella tradizione cristiana allo Stabat Mater ai piedi della croce, è Colei che condivide nel Figlio le sofferenze dell’umanità. La devozione popolare sente la presenza di Dio in Cristo e la presenza materna di Maria che condivide le nostre sofferenze».
«Ogni violenza inferta al corpo di una donna è una profanazione di Dio». Perché Papa Francesco ha scelto di pronunciare questo duro monito lo scorso primo gennaio, proprio nel giorno della festa della Gran Madre di Dio?
«La ragione è semplice. Maria è la figura più sublime del progetto di Dio. Benedetto XVI, scomparso il giorno precedente questo forte ammonimento di Papa Francesco affermava che la Vergine è «il fiore più bello sbocciato dalla creazione, la rosa apparsa nella pienezza del tempo, quando Dio, mandando il suo Figlio, ha donato al mondo una nuova primavera». Papa Francesco, attraverso il suo appello nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, ci ricorda che la donna nel suo corpo è l’immagine viva di Dio nella sua accoglienza, nella sua generatività. Fare violenza alla donna significa misconoscere il dono di Dio, il significato più profondo e più vero della femminilità».
Quanto la secolarizzazione, l'allontanamento dalle cose di Dio incidono sui violenti fatti di cronaca di cui il più delle volte la vittima è proprio la donna?
«Certamente se il cuore e la mente sono aperti alla presenza di Dio, all’amore di Dio, proiettano questa luce su tutto ciò che guardano e vedono. Se l’occhio dell’anima non è illuminato dall’amore di Dio, è molto più difficile cogliere le tracce dell’amore dentro la realtà che ci circonda, quindi è anche più difficile penetrare con lo sguardo la bellezza di tutto, la bellezza del femminile e il grido di aiuto che ci viene da coloro che soffrono».
Guardare a Maria come può aiutarci a celebrare al meglio la donna il prossimo 8 marzo?
«Questa ricorrenza, a livello civile, ha il grande merito di richiamare l’attenzione sul problema della donna, sulla necessità della pari uguaglianza, sul rispetto e la promozione della sua dignità. Collegare la vocazione della donna a Maria non è un devozionalismo, non è indulgere a rimettere la donna in un canto, in una dimensione di sottomissione, ma è invitare ad aprire gli occhi sulla grandezza della vocazione femminile, così come ci è descritta nelle parole del Magnificat. Nel testo dell’evangelista Luca, Maria ci è presentata come l’alfiere di un’autentica rivoluzione culturale e sociale in cui i valori preminenti del mondo vengono rovesciati, il manifesto di una società della verità, della giustizia, della bellezza che vive già su questa terra le Beatitudini».
Giuseppe Cutrona