Una volta tanto la notizia sembra davvero positiva: “finalmente una legge che riconosce il ruolo del caregiver familiare”. In effetti la Commissione Lavoro e Welfare del Senato ha concluso un lungo lavoro su un testo unificato che riguarda una funzione sempre più decisiva svolta dalle famiglie, la cura di una persona fragile, disabile o anziano non autosufficiente. Le stime parlano di un milione di famiglie in cui una persona non autosufficiente viene sostenuta completamente dalla dedizione di un membro della propria famiglia: senza stipendio, senza orari di lavoro, spesso senza la possibilità di alcun periodo di vacanza. Un patrimonio di “welfare familiare gratuito” oggettivamente insostituibile, soprattutto se si pensa al costo di un ricovero (90/100 Euro al giorno, se non si ha bisogno di particolari interventi sanitari, fanno 36.500 Euro in un anno!)…
Che finalmente una legge riconosca il “caregiver familiare” è quindi oggettivamente molto positivo, anche perché il provvedimento riconosce tale figura fino ai parenti di terzo grado, potendo così coinvolgere la famiglia estesa (non solo i figli, ma anche i nipoti o altri parenti). In questo caso siamo felici di poter dire che il Parlamento ha lavorato bene, nell’arco del 2017, a partire da diverse proposte di legge, costruendo poi un testo unificato, su cui si sono trovati d’accordo un po’ tutti i partiti. Anche questo non era così scontato, visto il clima di litigiosità che caratterizza la vita politica, soprattutto a livello nazionale. Forse, a voler essere pignoli, si dovrebbe segnalare il “dettaglio” che le prime proposte sono state avanzate nel 2015, ma solo ad inizio del 2017 sono entrate nell’agenda dei lavori della Commissione del Senato. Però oggi possiamo parlare di un provvedimento condiviso, che per una volta riesce a vedere la famiglia come una risorsa preziosa, da sostenere nei suoi compiti e responsabilità di cura.
Meglio però spegnere facili entusiasmi, e non illudere le famiglie: non è un provvedimento che sosterrà da subito le famiglie, ma serve per costruire le politiche future. Probabilmente nessuna famiglia nel 2018 beneficerà di sostegno diretto, grazie a questa legge. Per ora, infatti, sono stati allocati 60 milioni di Euro in tre anni (20 all’anno), per garantire “la copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del caregiver familiare”. Tanti o pochi? Se dividessimo i 20 milioni annui sul milione di famiglie che accudiscono persone non autosufficienti, ovviamente sarebbe solo una “goccia nel mare” (20 Euro a testa). Anche se si sostenesse solo un decimo di queste famiglie, ad esempio scegliendo solo quelle con i redditi più bassi, si arriverebbe a 200 Euro l’anno. Quindi l’obiettivo della legge non è il sostegno diretto alle famiglie (lo era in alcune delle proposte di legge iniziali, poi abbandonate), ma l’elaborazione di progetti, interventi, e linee innovative di sostegno, dovendo però ancora individuare ulteriori finanziamenti, e sicuramente chiedendo anche alle Regioni di costruire nuove linee di intervento e di sostegno. Tutto realistico e doveroso, ma con tempi un po’ più lunghi di quanto abbiano davvero bisogno molte famiglie.
Una buona notizia, quindi, ma con qualche cautela. Così come occorre qualche cautela anche su un altro aspetto della legge, che, in positivo, ipotizza la possibilità di sostegno previdenziale per il futuro pensionistico dei caregiver (contributi figurativi e altri sostegni), che spesso abbandonano il proprio lavoro per curare a tempo pieno un familiare disabile o un genitore anziano. E questa è sicuramente una buona notizia. Tuttavia, in negativo, non è chiaro se l’individuazione di un caregiver di riferimento, in una famiglia, possa far decadere alcuni benefici della Legge 104 (in particolare un certo numero di giornate di congedo retribuito nell’arco dell’anno) per tutte le altre persone del nucleo di riferimento.
Attenzione, quindi, a mettere le mani nel complesso meccanismo di cura di una famiglia che si fa carico a tempo pieno di una persona non autosufficiente; se per riconoscere un unico caregiver si indebolisce il sistema solidaristico allargato della famiglia nel suo complesso, si rischia di fare un grave danno. Bene quindi, anche dal punto di vista culturale, al riconoscimento del caregiver anche attraverso una legge; ma è assolutamente necessario che la politica ascolti con attenzione le famiglie e le loro associazioni. Perché, soprattutto in questo caso, vale ancora di più, per le famiglie con curano un proprio membro gravemente fragile, un consolidato slogan delle persone disabili: “Niente su di noi senza di noi”.