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giovedì 24 aprile 2025
 
Francesco Belletti
 

La famiglia è una risorsa ma la società non se ne accorge

25/11/2015  Il presidente uscente del Forum delle associazioni famigliari, autore del dodicesimo volume della collana “Questioni di famiglia”, fa il bilancio di sei anni di impegno in mezzo a non poche difficoltà.

ll dodicesimo volume della collana Questioni di famiglia, ideata dalla San Paolo, dall’Ufficio famiglia Cei e dal Cisf, si intitola La famiglia costruisce la società. Un valore “aggiunto” per tutti.  Il libro scritto da Francesco Belletti sarà in vendita con il n. 48 di Famiglia Cristiana in edicola da giovedì 26 novembre.
ll dodicesimo volume della collana Questioni di famiglia, ideata dalla San Paolo, dall’Ufficio famiglia Cei e dal Cisf, si intitola La famiglia costruisce la società. Un valore “aggiunto” per tutti. Il libro scritto da Francesco Belletti sarà in vendita con il n. 48 di Famiglia Cristiana in edicola da giovedì 26 novembre.

La collana Questioni di famiglia, che negli 11 volumi presentati da Famiglia Cristiana nelle settimane passate ha sviluppato i temi della grande riflessione ecclesiale e sociale innescata a partire dal Sinodo straordinario del 2014 e confluita nel Sinodo ordinario dello scorso ottobre, si conclude con un  libro che ricorda la responsabilità sociale della famiglia.

Si intitola La famiglia costruisce la società. Un valore “aggiunto” per tutti e l’ha scritto Francesco Belletti, direttore del Cisf, il Centro internazionale studi famiglia (che ha curato la collana con la San Paolo e l’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia), e presidente dal 2009 del Forum delle associazioni famigliari, per cui sta concludendo il secondo mandato

«In effetti la famiglia è oggettivamente una risorsa insostituibile per la società», commenta, «ma la società non se ne accorge e forse non vuole nemmeno farlo.  Del resto anche nella relazione finale del Sinodo appena concluso è stato necessario ricordare che “le autorità responsabili del bene comune debbono sentirsi seriamente impegnate nei confronti di questo bene primario.  La preoccupazione che deve guidare l’amministrazione della società civile è quella di permettere e promuovere politiche famigliari che sostengano e incoraggino le famiglie, in primo luogo quelle più disagiate”. Ma il fatto è che la Chiesa crede davvero nella famiglia e la società, invece, non tanto».

Una constatazione che fa, immagino, anche dal suo punto di osservazione di presidente del Forum delle associazioni famigliari dal 2009...

«In questi sei anni sono successe tante cose che mi spingono a questa osservazione. Per esempio nel nostro Paese è stato approvato nel 2012 un Piano nazionale per la famiglia che però, come troppi documenti della politica, è rimasto solo sulla carta, lettera morta. C’è stato poi un grande dibattito sul fisco per la famiglia, a cui noi abbiamo partecipato presentando alla Conferenza nazionale del Governo una  proposta concreta, quella  del cosiddetto Fattore famiglia». 

Ricordo che proprio Famiglia Cristiana aveva raccolto centinaia di firme tra i suoi lettori che sostenevano questa iniziativa...

«La verità è che se nel 2010 si fosse applicato il Fattore famiglia, oggi  milioni di papà e mamme  con figli non vivrebbero sotto la soglia di povertà. Ma anche in questo caso ben  poco è stato fatto e tuttora nel nostro Paese troppi bambini vivono in povertà per il semplice fatto di essere in famiglie numerose. In più non dimentichiamo che questi sono stati sei anni di crisi che, oltre alla disoccupazione, hanno portato le famiglie anche a un grave arretramento dei servizi socio-sanitari».

Ma quindi non rileva alcun  aspetto positivo?

«Qualche risultato si è ottenuto sulla conciliazione famiglia lavoro, con un maggior coinvolgimento dei padri, soprattutto grazie a scelte di imprenditori o di amministratori locali. Rilevo anche un piccolo segnale positivo nella Legge di stabilità in discussione in questi giorni. Si parla di  90 milioni di euro promessi per il cosiddetto “dopo di noi”, il periodo che angoscia tanti papà e mamme di figli  disabili, in cui i ragazzi diventati adulti non avranno più loro ad aiutarli. Però anche in questo caso il passato ci spinge ad  aspettare il testo finale per essere sicuri.  Non sarebbe la prima volta che le promesse non vengono  mantenute... Faccio un esempio tra i tanti: la legge prevede una conferenza sulla famiglia da tenersi ogni due anni, ma l’ultima è stata quella di Milano del 2010. Gli ultimi tre Governi non hanno avuto il coraggio di convocarla».

Come mai il Forum delle associazioni famigliari  non ha il potere di incidere sulla politica, nonostante rappresenti 50 realtà nazionali e oltre 400 locali e cioè più di 3 milioni di famiglie associate?

«Perché questo è un Paese dove vincono i poteri forti. Spesso anche fuori dalla legalità».

 A che cosa allude?

«Per esempio alle banche, oppure ai grandi interessi economici che riescono a influenzare, in Parlamento o fuori, le scelte della politica.  Mentre le famiglie non possono scioperare perché prima di tutto devono affrontare  i problemi quotidiani».

Per contro, pare che ci siano forti pressioni a occuparsi di questioni che interessano pochi o singole élite, come sta accadendo nella dibattuta e ricorrente questione delle unioni civili...

«Sei milioni di persone sono sotto la soglia di povertà nel nostro Paese e l’Istat ha registrato nel censimento 2011 poco più di 7 mila coppie conviventi dello stesso sesso, ma se uno confronta il tempo dedicato dal Parlamento e lo spazio sui giornali sembra che “il” problema della famiglia in Italia sia la regolazione delle unioni civili. Con tutto il rispetto dovuto alle persone, che non deve mai mancare, la sproporzione è evidente.  È proprio questo che intendo quando parlo di poteri forti, mentre il potere dei senza potere è quello delle famiglie a  cui noi cerchiamo di dare voce».

Le famiglie definite tradizionali, del resto, mancano anche dalla rappresentazione del racconto della televisione e dei film normali. Anzi,  se va bene non sono rappresentate, perché altrimenti sono considerate ovvie e spente...

«Si parla troppo di famiglia tradizionale come se fosse un residuo del passato e il futuro fosse nelle famiglie “allargate”, ricomposte, divise e rimesse insieme, ma oggi la vera rivoluzione è quella di chi ancora crede che fare famiglia sia un progetto stabile di dono reciproco. I veri rivoluzionari sono quelli che resistono».

Testimoniare questo è una delle urgenze per il futuro?

«È un’urgenza l’idea stessa di persona che oggi viene strumentalizzata per i desideri dell’individuo. Mi preoccupa la prospettiva dei bambini costruiti in provetta, la dimenticanza del diritto dei figli ad avere un papà e una mamma, l’idea stessa che il maschile e il femminile siano una scelta della persona e non la differenza che genera l’umanità».

Quali sono le altre urgenze?

«Un’altra sfida radicale è che la società sostenga la famiglia anziché spremerla come un limone. Troppe volte si dice che la famiglia è il potente ammortizzatore sociale del Paese,  ma così le famiglie, anziché sostenute, vengono sfruttate e schiacciate dai propri bisogni. Un’altra urgenza riguarda invece l’educazione delle famiglie a diventare soggetto sociale. Come disse nel 2000 Giovanni Paolo II al Giubileo delle famiglie: “Famiglia diventa ciò che sei”. Non basta occuparsi del proprio interesse particolare, le famiglie devono aprirsi all’accoglienza e al bene comune. In questo senso, fare associazione è  strumento prezioso».

Questa attenzione alla quotidianità e alle fatiche delle famiglie viene rappresentata oggi all’interno della Chiesa?

«Papa Francesco e il Sinodo hanno aperto una grande sfida: saper accogliere le sofferenze delle famiglie senza rinunciare alla Verità. Accogliere i percorsi accidentati significa riaffermare la bellezza della famiglia e richiamare tutti all’ideale alto.  Non si tratta della famiglia del Mulino Bianco, ma di riconoscere che anche le storie  famigliari più solide possono attraversare crisi, fatiche e difficoltà e necessitano della misericordia di Dio. Per questo l’Anno Santo della misericordia sarà una grande occasione per tutte le famiglie».

Negli ultimi tempi si è sentito parlare con insistenza  del ruolo dei laici nella Chiesa. Dal suo punto di vista si sta osservando un miglioramento in questo senso?

«Il Forum è nato proprio per rispondere a questa chiamata alla testimonianza. Quando san Giovanni Paolo II quasi gridò nella Familiaris consortio “famiglia credi in ciò che sei”, per noi e le nostre famiglie fu naturale costruire un progetto di presenza sociale e politica  per il bene comune del nostro popolo, da cattolici, laicamente. In questi sei anni molte cose sono cambiate ma il nostro impegno rimane questo. A maggio di quest’anno nella nostra conferenza di programma abbiamo molto discusso su come vivere questa responsabilità da laici e il 18 maggio papa Francesco, parlando ai vescovi italiani, diceva: “Ognuno di noi deve essere il sorriso del mondo per ridestare la speranza e la gioia nel Paese”, e sottolineava che “laici che hanno una formazione cristiana autentica non dovrebbero avere bisogno del vescovo pilota o del monsignore pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità…”. Hanno invece tutta la necessità del vescovo pastore».

 

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