Piazza San Giovanni piena di famiglie, nonni, bambini e passeggini: questa è certamente la notizia di queste giornate. Al punto che anche i commentatori più ostili alla famiglia “naturale” sono stati costretti a darne notizia. Ovviamente continuando a chiamarla famiglia “tradizionale”, cercando cioè di dire che le centinaia di migliaia di persone in piazza, sabato 20 giugno, sono un residuo del passato, che prima o poi la storia riuscirà a cancellare. Non è così: piazza San Giovanni dimostra che le famiglie di oggi, quelle dei nonni che raccontano ancora le favole ai nipoti, ma che stanno anche su Twitter e Internet, sanno mobilitarsi, sono pronte a occupare lo spazio pubblico del Paese, nonostante i disagi dei viaggi, pagando di tasca propria, nonostante due pesanti temporali, che avrebbero fatto fuggire i tifosi di calcio da qualunque stadio. Quelle famiglie no: sono rimaste in piazza, senza imprecare, ma salde nel voler dire pubblicamente: “la famiglia è viva”.
Famiglie che, prima di tutto, hanno testimoniato la bellezza originaria dell’amore tra l’uomo e la donna, il mistero appassionante della differenza sessuale, e la scommessa fiduciosa dell’apertura alla vita, che dalla differenza sessuale trova origine. E proprio per questa esperienza concreta, visibile in piazza San Giovanni nei tanti bambini, nei tanti padri e madri, nei tanti nonni presenti, queste famiglie si sono fatte discorso pubblico, sono uscite dal privato delle proprie case per diventare “agorà” e “polis”: impegno pubblico di bene comune. Per dire che fare famiglia è costruire la società. E, quindi, per rivendicare leggi che non siano “contro la famiglia”.
Ma questa vitalità familiare si scontra con un dato contrapposto, che l’Istat ha diffuso proprio nella settimana di piazza San Giovanni: il continuo crollo delle nascite nel nostro Paese, per cui nel 2014 il saldo demografico (la differenza tra vivi e nati e morti) è stato addirittura peggiore di quello del 1918, ultimo anno della Grande Guerra. Davvero una sconfitta per il nostro Paese, a dimostrare che la vitalità delle famiglie deve, comunque, fare i conti con una società che non sostiene in alcun modo i progetti di famiglia dei giovani. Al punto che un figlio diventa un rischio da evitare, anziché un dono da accogliere e una risorsa per il futuro del Paese.
A questo punto tocca alla politica decidere: se ascoltare piazza San Giovanni e finalmente promuovere e proteggere la famiglia naturale, quella dell’art. 29 della Costituzione, quella dei papà e delle mamme, non quella del “genitore A” e “genitore B”. Oppure, se ascoltare le sirene di piccoli gruppi ideologici, che vogliono stravolgere l’identità di un luogo naturale così prezioso: la famiglia. Forse, sarebbe il caso di ascoltare davvero le parole di papa Francesco, quando parla di famiglia, gender e “colonizzazione ideologica”, senza piegarle ai propri interessi di bottega. Anche il grande inno alla natura della recente enciclica sull’ambiente e l’ecologia, Laudato si’, in fondo, rimanda a una ecologia umana per cui davvero si dovrebbe dire: «Laudato sii, mi Signore, per la famiglia».