Agghiaccia le vene, la dichiarazione di Luca,
14 anni, che tranquillamente dice: «Sono
cresciuto qui nella sala Bingo con papà
e mamma. Loro amano il gioco. Secondo
me, invece, buttano via i soldi…». Poche
parole, ma ripeto, tali da agghiacciare le
vene. La Provvidenza ha voluto che la denuncia e
lo smascheramento del giornale abbiano ottenuto
subito qualche risultato. E ne siamo lieti.
Ma
quanti saranno i bambini che non vanno sul giornale
ma devono vivere situazioni drammatiche e
fortemente diseducative di questa portata? Colpisce,
almeno me, anche la dichiarazione che il
quattordicenne fa, con molta pacatezza e maturità:
«Secondo me buttano via un sacco di soldi».
Ancora una volta un figlio più saggio del padre.
Mi pare che si stia facendo ancora troppo poco
per bloccare il maledetto vizio. Mentre un Comune
e qualche bar hanno il coraggio di spostare
lontano da luoghi a rischio o di chiudere i giochi,
centinaia di altri Comuni ed esercizi sordi
all’educazione, e molto meno sordi ai soldi, continuano
imperterriti a fare gli affari loro.
Dobbiamo aspettare, come al solito, multe,
controlli, chiusure, dibattiti parlamentari? I genitori
in Italia sono ancora genitori e non gestori
al servizio di biscazzieri oppure la fame di soldi
e la dipendenza da mafiosi vari valgono molto
di più, obbligandoli a una vergognosa e indegna
noncuranza dei figli? Qualcuno mi pare stia dicendo,
da bugiardo e infingardo incallito, che sono
predisposte accanto alle sale giochi per gli
adulti salette per bambini, con giochini innocenti
e alla loro portata. E qui, come al solito, ci raccontiamo
favole indecenti e inventiamo scappatoie
umilianti.
È accaduto più volte anche a me, fermandomi
per un caffè, di dare alcune sbirciate alle nuove
sale e vedere famiglie intere, incuranti di tutto
e di tutti, sommerse da gridolini e da invettive
a ogni piccola vincita o a ogni piccola perdita.
Il gestore mi è corso dietro spaventato dalle occhiate.
Le moine e le fandonie raccontate, credo a
migliaia, a tutti, me le ha sparate ad alta velocità.
Mi è scappata solo una parolaccia. Non la ripeto,
perché la immaginate. Ma c’è un altro proverbio
che non sa di parolacce. La mia vecchia nonna me
lo ripeteva: «Dio non aspetta il sabato, per presentare
il conto». E spesso si è avverato.