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lunedì 21 aprile 2025
 
 

La famiglia Muti salva la novizia

13/07/2012  Il maestro Riccardo e la figlia Chiara, all'esordio come regista d'opera, hanno riproposto il "Sancta Susanna", superando gli aspetti critici che lo avevano sin qui caratterizzato.

Sancta Susanna di Paul Hindemith (1895-1963) – approdata in forma scenica una prima volta all’Opera di Roma (febbraio 1978) e in seguito alla Scala (settembre 2006) – è riapparsa al Teatro Alighieri nell’ambito del prestigioso Ravenna Festival. L’atmosfera di scandalo che circondò questo atto unico già alla prima rappresentazione (Francoforte, marzo 1922), poi ripetutasi a Roma, si è gradualmente stemperata nel corso degli anni. Non dimentichiamo che l’autore stesso aveva ripudiato il proprio lavoro bollandolo come la «ragazzata» di uno che non sapeva il mestiere e «un’oscenità gratuita e provocatoria».

A sua volta il mondo cattolico ha preso atto dei sopravvenuti mutamenti di sensibilità, lasciando che l’elemento dichiaratamente musicale finisse per prevalere sul dato visivo. Oggi infatti la ripresa di quest’opera ha trovato ampia risonanza e adeguato risalto nella stampa cattolica, come testimoniano i contributi di Avvenire e dell'Osservatore Romano. Su una trama di ardua semplicità, Chiara Muti, al suo esordio come regista d’opera, ha lavorato con finezza intellettualistica e sobria gestualità, scevra da pesanti contaminazioni veristiche. Nel comporre una musica rigorosamente sottoposta alla forma del tema con variazioni, Hindemith appare orchestratore geniale, capace d’infondere echi impressionistici e suggestivi effetti di preziosità timbrica.

Tutto ciò è stato mirabilmente colto da Riccardo Muti, che alla testa dell’Orchestra giovanile «Luigi Cherubini» ha offerto un’interpretazione efficacissima, grazie anche alla prestazione vocalmente e scenicamente esemplare di Csilla Boross (intensa protagonista) e di Brigitte Pinter (Suor Klementia). Sancta Susanna andrebbe eseguita come terzo e ultimo pannello di un trittico operistico giovanile. A Ravenna è stata invece preceduta dal balletto Nobilissima visione, che Micha van Hoeke ha costruito sulla suite per orchestra elaborata da Hindemith nel 1938, quale frutto della suggestione esercitata su di lui dagli affreschi francescani di Giotto.

I bravissimi Alessandro Rezza (Francesco) e Gaia Straccamore (Chiara) hanno tradotto
in una serie di movimenti fortemente allusivi (cinque “visioni”) la vita di San Francesco, dalla gioventù scapestrata fino alla conversione della maturità dovuta all’apparizione (appunto la “nobilissima visione”) di tre donne che, riassunte nell’unica figura di Santa Chiara, rappresentano la Castità, l’Obbedienza e la Povertà. Non a caso scelto come titolo dell’intera manifestazione ravennate, Nobilissima visione ha infine avuto il suo fulcro intellettuale nell’omonimo colloquio pubblico fra Massimo Cacciari e Riccardo Muti, uno stimolante confronto sul misticismo, sulla potenza dell’arte, sul rapporto fra fede e chiesa.

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