‘Vivaci, attivi e creativi’. Papa Francesco ha chiesto alle persone di manifestare così la gioia di essere famiglia. E da una generazione all’altra, dai nonni ai nipotini, il popolo in pellegrinaggio non si è risparmiato. La quattordicesima edizione del Pellegrinaggio nazionale delle famiglie per le famiglie promossa dal Rinnovamento nello Spirito, dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della Cei e dal Forum Nazionale delle Associazioni Familiari quest’anno si è svolta non solo a Pompei ma contemporaneamente in venti santuari italiani. L’obiettivo è quello di guardare alle realtà locali restando uniti. Non a caso lo slogan scelto quest’anno è ‘Nella comunione la gioia’. “Intendiamo lo stare insieme in tutto perché la famiglia non è un problema ma è l’opportunità della vita”.
Dal grande palco allestito nel Centro dedicato a Bartolo Longo tra la stazione di Pompei e il Santuario, le parole di Gigi De Palo, Presidente Nazionale del Forum delle Associazioni Familiari, fanno da cornice al coraggio delle famiglie. Ma soprattutto proprio a quella gioia in cui si accennava nello slogan. Nessuno ha nascosto le difficoltà. Ma dopo la pandemia, dopo tutto quel dolore che ha smembrato famiglie costringendole ad un riadattamento, a Pompei tutti hanno voluto essere testimonial di felicità dimostrando al tempo stesso di avere una grande forza. Quella che occorre per essere una famiglia. E anche se molto spesso la parola forza viene confusa con la parola sforzo “Occorre tenere bene a mente la distinzione”.
Le parole di Tommaso e Pina Castaldo, genitori di Matteo, vengono sussurrate a bassa voce nel piazzale all’aperto della Basilica di Pompei mentre i Vescovi Tommaso Caputo (Pompei) e Gennaro Pascarella (Pozzuoli) celebrano messa. La forza che ogni giorno hanno nelle braccia e nello spirito non è una fatica. La loro volontà di essere famiglia risponde proprio a quella vocazione tanto casa a papa Francesco e che muoverà il X Incontro Mondiale delle Famiglie con Papa Francesco, previsto a Roma dal 22 al 26 giugno 2022. “Matteo è arrivato mentre lavavo i piatti in casa. Improvvisamente senza preavviso - racconta Pina - io e Tommaso eravamo a casa, al Tgr Campania una giornalista, Valeria Capezzuto che oggi non c’è più, non poteva farci regalo più bello al mondo raccontando la storia di Matteo diffondendo l’appello per la sua adozione”. Matteo ha una disabilità agli arti inferiori e superiori ma da quell’appello Tommaso e Pina non ebbero dubbi. Matteo era loro figlio. “partimmo da San Giorgio a Cremano e andammo subito incontro al bambino in ospedale. Il nostro desiderio non era vederlo ma tenerlo con noi”.
L’adozione avviene nel 2008, Tommaso e Pina avevano 30 anni ed erano già sposati da alcuni anni. “Ma la nostra famiglia è con Matteo - spiegano Pina e Tommaso - Matteo ci insegna a vivere ogni giorno, molti si potrebbero scoraggiare e vedere Matteo come una difficoltà oggettiva ma noi non abbiamo mai posto limiti e con lui facciamo tutto. È un bambino meraviglioso, ha 13 anni e dovrà andare in terza media. Certo ha qualche difetto per esempio tifa Roma e non Napoli ma amiamo lo stesso la nostra terra”. Matteo sogna di diventare un atleta e partecipare alle paralimpiadi, ha scelto il nuoto ‘lasciando’, dice scherzosamente, la scherma alla regina indiscussa Bebe Vio che spera di incontrare prima o poi a Bologna, magari al centro dove realizzano le protesi degli arti. “Matteo ti insegna qualcosa ogni giorno e ti fa capire dove sono e quali sono le vere difficoltà e insieme a questo la preghiera del Rinnovamento nello Spirito ti fa percepire ancora di più la presenza di Dio in casa - concludono Pina e Tommaso che appartengono al gruppo Javè di Torre Le Nocelle nella diocesi di Benevento - e non scoraggia nessuno. Perfino i nonni vivono insieme a noi l’entusiasmo e la gioia di crescere Matteo aiutandoci nella sua educazione”.
Valentino ed Annarita componenti della consulta delle famiglie nella sezione di Sessa Aurunca in provincia di Caserta con i loro due figli invece non avrebbero perso questo pellegrinaggio per nessuna ragione “Volevamo avere la possibilità di benedire il nostro cammino e portare poi questa gioia dello stare insieme nella nostra comunità raccontando l’esperienza a chi non ha potuto partecipare - spiegano - quando ci siamo sposati abbiamo voluto intraprendere questa strada perché diventando famiglia volevamo portare la nostra testimonianza e il nostro impegno al prossimo con l’obiettivo di evangelizzare il significato della famiglia”.
Raccontare dunque una ‘postura’, come ha voluto sottolineare Gigi De Palo “Lo stare al mondo ma in ‘modalità famiglia’ - dice - la postura della famiglia ha più speranza, sa come essere in pace e soprattutto serve al nostro Paese. Perché l’Italia o riparte dalle famiglie o rischia nuovamente una crisi e non solo demografica ma anche economica e sanitaria”. Lo raccontano Luisa e Giovanni Caiazzo. Una coppia di Torre Annunziata che è riuscita a coronare il suo sogno di famiglia quando Giovanni è riuscito a conquistare un contratto a tempo indeterminato. “Eravamo sposati da tempo, i figli non arrivavano e anche se i medici ci avevano proposto metodi alternativi, noi non volevamo. Nel frattempo io accudivo mamma allettata e solo quando Giovanni è riuscito ad avere un contratto abbiamo potuto fare la domanda di adozione - spiega Luisa - per i primi tre anni nulla. Abbiamo rinnovato la domanda innalzando di conseguenza l’età del bambino ‘adeguandola’ alla nostra età di possibili genitori e poi l’intervento di Dio in una giornata normale. Mentre eravamo al supermercato, tra gli scaffali dei panettoni in offerta arriva la chiamata dal tribunale”. E adesso sono uniti alla piccola Fatima da un filo sottile che stringeranno sempre tra le mani. Lo steso legame che hanno fatto conoscere Maria ed Enrico Gallozzi, una coppia di imprenditori salernitani che da sempre aveva il sogno di essere famiglia. Si sono conosciuti al liceo dove erano nella stessa classe e sapevano sin da subito che quel sentimento non era un’infatuazione adolescenziale. Il ‘frutto’ del loro amore è un albero che ha rami in tutto il mondo. Si perché Maria ed Enrico dopo i primi due figli hanno avvertito il desiderio di donare tutta la loro famiglia ad un’altro bambino. Così già in 4 hanno deciso di adottare un piccolo bambino brasiliano, Daniel. Poi è arrivata un’altra gioia ma mamma Maria e Papà Enrico sentivano di potersi donare ancora e così è arrivata anche Serena una bambina cinese. La loro quotidianità è fatta di risate, voci che si sovrappongono, impegni continui pentoloni per la pasta dove poi il sale risulta giusto solo quando si cucina per sette persone.
“Si se cucino per tre persone sbaglio sempre la dose di sale ma il condimento nella nostra vita non è mancato mai, la gioia dei nostri figli è indescrivibile. Sono tutti uguali, tra loro non c’è differenza. Noi ci auguriamo che l’adozione possa diventare un fatto normale per arricchire le famiglie, benvengano quelle che trasformano la coppia in famiglia ma speriamo che si possa fare questa scelta per quel ‘di più’. Ma io sogno che ogni famiglia cattolica possa adottare un bambino. Le mamme hanno donato la nuova vita e alcune famiglie, come la nostra, possono sanare il legame genitori-figli che per colpa di altri adulti si è spezzato”. Maria è una mamma che ha sempre lavorato, non nasconde le difficoltà e non nasconde nemmeno il fatto che in alcuni momenti ha avuto bisogno di un aiuto. Ma da Pompei la sua voce è più alta anche in qualità di rappresentate dell’associazione ‘Amici dei Bambini’ : “L’Italia ha bisogno di una legge per le famiglie. Ci stiamo battendo ma quella di avere agevolazioni non è una proposta ma ormai è diventata un’urgenza”.