Lisbona, dai nostri inviati
São Marcos, quartiere di Sintra: circa 200 giovani delle diocesi di Cagliari, Fiersole, Siena e una piccola comitiva pugliese sono sul prato del Centro ludico, culturale e sportivo "Carlos Paredes" dove monsignor Stefano Manetti, vescovo di Fiesole, tiene la catechesi. C’è una fitta pioggerella, che poi si dissolve, alcuni cercano riparo sotto la tettoia, altri rimangono seduti sulle stuoie o sulle bandiere e cantano come se nulla fosse.
«In questa Gmg», ci spiega monsignor Manetti, «si è affermato un nuovo modello, quello del dialogo che consente ai ragazzi di intervenire con domande e riflessioni. Dopo la lettura del brano del Vangelo di Luca sulla Visitazione, tema ispiratore di questa Gmg, i ragazzi si dividono in gruppi, discutono tra di loro e poi intervengono. Infine, il vescovo traccia una conclusione. Penso che questa modalità rifletta al meglio l’intuizione originaria di Giovanni Paolo II: la Gmg la fanno i giovani.
Un aspetto molto positivo di questa 37esima edizione è che in pratica tutti i ragazzi sono alla loro prima Gmg e spesso anche per i loro accompagnatori è lo stesso, il che vuol dire che sono qui per una loro ricerca interiore, un bisogno di fede» Un bisogno che si riflette in pieno nelle parole dei ragazzi. «Abbiamo pensato molto alla fretta buona di Maria, molto diversa da quella fretta cattiva che ti fa fare le cose senza pensarci su», dice Sofia di Cagliari. «E poi sul sì gioioso di Maria da cui pure dipende la sua fretta buona».
Padre Simone di Siena, per stimolare il suo gruppo interviene sulla «curiosità spirituale che anima la ricerca di Dio come insegna la Visitazione di Maria ad Elisabetta». Si avvicina al microfono, un ragazzo senese, Roberto della GIFRA (Gioventù francescana) sottolinea che il sì di Maria è «proiettato sempre al bene, fa vincere i dubbi che ogni giovane può nutrice e dire di sì a ogni sfida che il Signore ci manda. Una Maria così giovane così vicina a noi è un riferimento importante». Angie di Fiesole, di origine spagnola, riferisce che il suo gruppo ha «pensato e parlato di Maria che saluta Elisabetta. Maria non dice che è incinta di Dio, le dice solo “ciao”. Eppure da una sola parola Elisabetta ha capito tutto. Il mistero della nascita di Gesù è un mistero grande, a volte vogliamo capirlo senza passare da Maria, invece lei la via più facile perché ci avvicina allo Spirito Santo che ci illumina. Se teniamo vicina Maria, se guardiamo a Lei con una sola parola possiamo capire tutto».
È la volta, poi, di Leonardo da Siena: «Ci siamo chiesti che cosa ci spinge ad alzarci e andare in fretta nel quotidiano. Io nella prevalente superficialità del nostro tempo, mi sono imbattuto nella profondità grazie alla mia comunità parrocchiale, spesso mi sono commosso durante la Messa e sono venuto qui per sentire ancora questo richiamo profondo. Maria ci insegna a salire anche le montagne, per rispondere alla chiamata di Dio».
Ed ecco Andrea di Cagliari che racconta la sua esperienza: «Tre-quattro anni fa ero collaboratore di un assessore nella mia città e arrivavano in ufficio fogli di carta con nome cognome e problema da risolvere, noi rispondevamo a queste richieste di aiuto, ma senza conoscere veramente le persone. In questi ultimi 2 anni, invece, ho imparato di più a conoscere gli altri, se rompi le barriere e i silenzi e chiacchieri con chi hai di fronte, trasformi la tristezza in gioia e felicità, è uno scambio reciproco che risveglia la vera gioia, quella dell’anima, non si tratta di numeri o fogli di carta, ma di persone».
Samuele della sua stessa diocesi sottolinea la sana fretta che è «risolutiva per portare a termine i grandi disegni. Maria dopo l’annuncio importante sa anteporre le necessità della cugina alle sue, possiamo prendere spunto da questa ragazza speciale che ha affrontato un viaggio faticoso e difficile anche sul piano psicologico e non ha chiesto nulla in cambio». «Voleva condividere», aggiunge una sua coetanea, «la sua gioia con gli altri, anche questo l’ha animata la gioia di portare nel grembo Gesù».
E Federico, arrivato da Pitigliano, fa notare: «Fu illuminata, per questo si donò sempre al servizio per il prossimo». Le domande sono incentrate per lo più su come su fa ad avere “esperienza di Dio”, a sentirlo veramente.
Manetti racconta il “trucco” di un giovane sacerdote della sua diocesi: non aspettare che chiami lui, ma di dare almeno un segnale che la porta è sempre aperta, perché il Signore ci ha fatto liberi e aspetta il nostro cenno. Alla fine, il vescovo tira le somme: «L’alzarsi e andare in fretta di Maria dipese dal “feeling interiore” che aveva già con Dio. Fu questo a permetterle di riconoscerne la volontà e di accoglierla. Mise se stessa in secondo piano perché capace di scalare quella montagna dell’Ego malato che sempre ci frena. Viene da questo ego, legato al peccato originale, anche quella vocina che ci dice che non siamo capaci o adatti, così pure la tristezza che a volte ci frena. Nel nostro cuore ci dev’essere posto anche per il tu, Maria dice sono la serva del Signore, si dimentica del sè e procede lesta e gioiosa. L’arroccarsi nell’io rende immobili e tristi. Maria dice di sì non per semplice obbedienza, ma perché accoglie l’amore di Dio. Dio ci lascia sempre la nostra libertà se non lo sentiamo dipende dal nostro cuore. Una parola sintetica che spiega tutto ciò che accadde a Maria, ma anche la ragione che ci ha portato qui è “Amore”, tra Maria e Dio ci fu un discorso di amore. L’amore è rimpicciolire l’ego a beneficio del tu questo ci fa sentire leggeri e lieti. Il Signore è volto verso di te, innamorato di te, la scoperta di questo amore è il Vangelo, è un annuncio, una notizia: Gesù è nato, morto e risorto per te (il kerigma). Vuoi amarlo?».
Prima della Messa conclusiva della mattinata, richiamando il monito di papa Francesco per la cura del creato, casa comune dell’umanità, è stata svelata dal drappo una simbolica capanna di legno, sul cui pavimento i ragazzi hanno messo dei tappi verdi, distribuiti all'inizio, come dei semi piantati per sviluppare il loro impegno a difesa dell'ambiente e per l'ecologia integrale.
Al termine della Celebrazione, con il cielo ormai sgombro di nuvole e il sole che picchia forte come nei giorni scorsi, risuona di nuovo il coro gioioso dei ragazzi che intonano Emmanuel, l'inno della Gmg del Giubileo del 2000.