Krystyna Zajac, 70 anni, polacca, psicologa clinica originaria di Nowy Sacz, conobbe Karol Wojtyla, allora arcivescovo di Cracovia, nel novembre del 1974.
Dio solo sa quanto abbiamo bisogno in questo momento di quel grido che il 22 ottobre 1978 scosse la Chiesa e il mondo: «Non abbiate paura, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!». Si presentò così al mondo l’atleta di Dio che ventisette anni dopo, il 2 aprile 2005, avrebbe concluso il suo pontificato afono, prostrato dalla malattia, incapace anche solo di abbozzare una benedizione. Non a caso papa Francesco ha scelto il 22 ottobre per la ricorrenza di San Giovanni Paolo II, il Papa globetrotter che ha attraversato per intero i drammi del Novecento.
Se ne andava quindici anni fa in un addio di popolo che destò meraviglia e commozione anche tra i non credenti. La fede rocciosa, la difesa della vita e della famiglia, la devozione mariana, il dialogo con le altre religioni. Insomma, c’è tutto l’imprinting polacco nello stile di Karol Wojtyla, primo Papa non italiano sul soglio di Pietro dopo 455 anni. Krystyna Zajac, psicologa clinica originaria di Nowy Sacz, conobbe Karol Wojtyla, allora arcivescovo di Cracovia, nel novembre del 1974, come collaboratrice di Wanda Poltawska, psichiatra, attivista pro life e accademica, internata e torturata nel campo di concentramento di Ravensbruck.
Santa Gianna Beretta Molla (1922-62) con la figlia Laura.
Per lei, ammalata di cancro, Wojtyla chiese nel 1962 la preghiera d’intercessione di Padre Pio. E fu esaudito. «L’incontro con don Karol, anche se breve, mi toccò profondamente», racconta Zajac, che oggi lavora nell’ospedale di Gorlice, «potei sperimentare fin da subito la sua grande riconoscenza. Fino al conclave del 1978 la nostra collaborazione ha avuto vari livelli. Sono stata invitata a far parte del gruppo “Cler-Med” che organizzava diversi seminari dedicati alla difesa della vita umana con, tra i relatori, diversi medici e uomini di scienza. Wojtyla è stato un grande profeta di cui allora non ci rendevamo conto. Gli anni Settanta del Novecento in Polonia furono caratterizzati dalla forte pressione sui giovani che volevano seguire un’altra strada rispetto a quella proposta dal regime comunista. Ricordo come fosse oggi, in quelle riunioni, la voce di Giovanni Paolo II che ripeteva: “Dovunque sarete, qualunque cosa farete, dovete difendere la vita e la famiglia”».
C’è un’altra donna in questa storia che unisce Zajac a Giovanni Paolo II. È santa Gianna Beretta Molla, canonizzata da Wojtyla nel 2004, morta il 28 aprile 1962 dopo la sua quarta gravidanza: avendo coperto un fibroma all’utero, preferì morire per non sopprimere la vita della figlia Emanuela. «Era il 1977 e stavo partecipando a una riunione di lavoro con Wanda Poltawska e Wojtyla il quale, a un certo punto, disse: “C'è una donna medico, italiana, moglie e madre, che dovrebbe essere canonizzata”. Non immaginavo allora che quelle erano parole profetiche e sarebbe stato proprio lui a proclamare santa quella donna. Peraltro fu l’ultima canonizzazione del suo lunghissimo pontificato, quasi un testamento spirituale per tutti». Zajac non ha mai dimenticato quel comando del Pontefice (“Dovete difendere la vita”) e ora è una grande devota di santa Gianna Beretta Molla, di cui ha portato le reliquie in giro per la Polonia, in Italia e nel mondo: «Quando nel mio Paese si cominciò a parlare di una legge più permissiva sull’aborto (approvata nel 1993, prevede l’interruzione di gravidanza in tre casi: pericolo di vita per la madre, stupro e grave malformazione del feto, ndr), memori delle parole di Giovanni Paolo II, cercammo di fare qualcosa», racconta, «organizzai il primo Congresso delle famiglie numerose».
San Giovanni Paolo II (1920-2005).
Perché proprio loro? «Mi resi conto che loro non si oppongono al disegno di Dio creatore e nonostante le povertà e tante difficoltà accolgono ogni bambino concepito come dono», spiega, «loro sono i primi difensori della vita. Sono riuscita a tradurre in polacco un libro sulla figura di santa Gianna perché i partecipanti di questi Congressi potessero conoscerne la storia. Anche le famiglie hanno scritto le loro testimonianze e le inviammo a Giovanni Paolo II. So che, leggendole, il Papa si è commosso e per questo dopo ha ringraziato ogni singola famiglia». Da allora Krystyna Zajac ha iniziato a diffondere il culto della santa perché, dice, «non solo in Polonia ma in tutto il mondo le famiglie potessero attingere forza dalla sua testimonianza di vita».
Il 24 marzo 2006 le reliquie di Gianna Beretta sono state portate nella cappella del Parlamento polacco alla presenza di Pierluigi Molla, uno dei figli. «Il 30 marzo 2016», racconta Zajac, «le reliquie sono arrivate nella cappella privata del presidente della Repubblica Andrzej Duda, portate dalla figlia Gianna Emanuela, quella che la madre salvò con il suo sacrificio. Ci sono centinaia di parrocchie in Polonia che le hanno accolte. Le ho portate negli Stati Uniti, Australia, Russia, Ucraina, Ungheria, Scozia e Belgio».
Karol Wojtyla morì alle 21,37 del 2 aprile 2005. Ha sempre nutritio una forte devozione mariana, a partire dalla recita del Rosario. È per questo che la Conferenza episcopale italiana ha promosso per la serata di oggi (inizio alle 21) un momento di preghiera particolare: un rosario coronato da una preghiera di supplica a san Giovanni Paolo II in questi giorni tragicamente segnati dal coronavirus. La preghiera - trasmessa in diretta da TV2000 e da RadioInBlu - si tiene nella Cappella dedicata a san Giuseppe Moscati, il santo medico, del Policlinico Agostino Gemelli di Roma.