La portavoce nazionale del Forum del Terzo Settore Vanessa Pallucchi
«Sulle sfide del sociale la legge finanziaria approvata dal governo non ha dato le risposte che ci aspettavamo. Il dialogo c’è, l’ascolto reciproco pure, ma poi quando si devono prendere le decisioni il mondo della solidarietà non viene tenuto in considerazione come si dovrebbe».
È l’analisi di Vanessa Pallucchi, portavoce nazionale del Forum del Terzo Settore sulla legge di bilancio per il prossimo anno appena approvata dal Parlamento. «Le priorità sono almeno tre», spiega, «la prima è quella di innalzare il tetto del 5 per mille, poi bisogna scongiurare l’applicazione dell’Iva, che scatterà il 1° gennaio 2026, e il rifinanziamento del Fondo per il contrasto alla povertà educativa. Alcune risposte positive ci sono state come, ad esempio, l’incremento delle risorse destinate al Servizio civile universale».
Pallucchi, partiamo dal 5 per mille.
«Sono anni ormai che i cittadini danno di più dei 525 milioni previsti. Adesso c’è uno sforamento di circa 28 milioni che non sono stati riconosciuti in questa finanziaria malgrado il governo avesse preso un impegno di questo. Innalzare il tetto significa anzitutto rispettare la volontà dei cittadini quando scelgono i soggetti del Terzo Settore come destinatari del 5 per mille. Ci preoccupa anche l’articolo 112 che estende alle imprese non profit le limitazioni alle spese degli enti che ricevono un finanziamento pubblico. Significa mettere un tetto alla solidarietà perché non si potranno acquistare beni e servizi come strumenti sanitari e mezzi di trasporto necessari per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari dei tre anni precedenti. Ci sembra assurdo limitare gli investimenti di chi al pari dello Stato contribuisce all’interesse generale».
Il rischio che dal 1° gennaio venisse accollata l'Iva al Terzo Settore, equiparando le attività sociali e mutualistiche a normali scambi commerciali, è stato scongiurato in zona Cesarini.
«C’è stata una mezza risposta che rimanda l’applicazione dell’Iva al 1° gennaio 2026. La nostra richiesta era di essere esclusi fin da subito perché ci sono numerose associazioni che rischiano di chiudere, soffocate nel caos dei regimi fiscali e degli obblighi burocratici. È una spada di Damocle che pende su tutto il settore e che speriamo venga tolta al più presto».
In generale, qual è il suo giudizio sulla finanziaria?
«Mancano interventi strutturali. In un momento così difficile, con la crescita di povertà e disuguaglianze, ci saremmo aspettati maggiore attenzione al welfare e vere politiche di sostegno per quelle realtà, quali sono gli enti di Terzo Settore, che combattono il disagio, costruiscono coesione sociale, realizzano un’economia sana, combattono la povertà. Le disuguaglianze pesano in maniera significativa sullo sviluppo del Paese, bisogna dare una mano a chi le combatte e fa in modo di attutirne l’impatto sulla società civile».
Il Fondo di contrasto alla povertà educativa non è stato rifinanziato.
«Questo è un segnale negativo anche perché era regolato da un meccanismo assai virtuoso che ci ha permesso di intervenire, in sinergia con gli altri enti e le istituzioni, in diverse situazioni critiche come il sostegno alle comunità più fragili delle aree interne terremotate, nelle periferie urbane, nell’accoglienza dei bambini afghani o nel supporto agli orfani di femminicidio».
Quali sono le questioni più urgenti da mettere in agenda per i prossimi mesi?
«La riforma del Terzo Settore manca di tutte le norme sulla fiscalità che è decisiva per enti e associazioni. L’altro pericolo da scongiurare è far sì che i tagli effettuati agli enti locali non incidano pesantemente sui servizi alle persone, soprattutto nel settore sociosanitario. È l’appello che ha fatto anche l’Anci».