Il Gran Premio del
Giappone, sestultima delle venti prove mondiali 2012 di Formula 1 (ancora
Corea, India, Abu Dhabi, Usa e, il 25 novembre, Brasile), occuperà per via del
fuso orario la domenica mattina europea con il teatrino ormai consueto di
sorpassi (pochi), pit stop, danze della pioggia (per averla, come nel box Ferrari,
per tenerla lontana, cosa meteorologicamente parlando più difficile, nel box Red
Bull), scelte sempre amletiche delle gomme,speriamo non anche incidenti, visto
che ci sono piloti dopati dall’effetto-domino, che esamineremo fra qualche riga.
Prima, Ferdinando
Alonso: lo spagnolo guida la classifica iridata con 29 punti di vantaggio su
Sebastian Vettel, tedesco campione in carica, ora lanciatissimo sulla Red Bull
che ci ha messo sei mesi e mezzo per ritornare alla supremazia delle due annate
precedenti e che a Suzuka occupa tutta la prima fila (l’altro è Mark Webber,
australiano). A colpi di piazzamenti, o se preferite di podio, e con un
po’di pioggia Alonso, che parte sesto, può farcela. L’effetto domino è
importante ed è vasto. Va via un pilota qua, nella scuderia gli subentra quel
pilota là che lascia un posto libero lì. Ci sono revanscismi, rabbie,
soddisfazioni anche sadiche, calcoli di tipo speciale. Come per la farfalla che
sbatte le ali in un certo posto del mondo e provoca uno tsunami a migliaia di
chilometri di distanza.
Cosa di ogni finale di stagione, sì. Ma stavolta c’è di
mezzo Michael Schumacher.
La Mercedes, tedesca lei tedesco lui, lo ha in pratica licenziato,
delusa dal suo rendimento che lo ha portato sul podio una sola volta in tre
stagioni. Ha già annunciato al suo posto Lewis Hamilton, inglese, che sta
finendo il Mondiale 2012 per la McLaren, con vaghe prospettive anche di
successo finale (è quarto nella classifica generala, a 2 punti dal finlandese
Kimi Raikkonen della Lotus ma a 52 punti
da Alonso). La stessa Mc Laren ha ingaggiato al posto di Schumacher, per il 2013,
Sergio Perez, messicano tirato su dalla scuola Ferrari, cocco bello di Carlos
Slim, il suo connazionale reputato l’uomo più ricco del mondo.
Schumacher, in pratica
messo sulla strada, ha annunciato che si ritira per sempre. Dovendo concludere
il contratto con la Mercedes, ha guidacchiato nelle prove del Gran Premio del
Giappone, ultimo ultimissimo.
Nessuno più legittimato di lui a staccare del tutto (e forse
lo farà in questi giorni, intendiamo che non si metterà più dietro ad un volante).
Ha 43 anni, ha tutti i primati: 7 titoli mondiali (2 Renault, 5 Ferrari), è miliardario
in euro, ha disputato prima del Giappone 302 gran premi, secondo solo a Barrichello
325. Quattro squadre (anche la Jordan e la Benetton) in 19 stagioni. Moglie
amata, due figli. Residenza in Svizzera. Fisico integro, un solo grave incidente
nel 1999 con frattura di tibia e perone. Passione per il calcio giocato, il motociclismo
abbastanza impegnato. Al volante, il più grande di sempre.
Il sapere che noi non mancheremo molto a lui - visto che per
tutta la sua vita ha fatto in modo di celebrare, enfatizzare e intanto bunkerizzare
sempre più la sua impermeabilità, il suo sapersi chiudere felicemente e
implacabilmente in casa al momento delle pacche sulle spalle, il suo ritenere e
volerci far ritenere il mondo dei motori come il posto più adatto per l’esplicazione
delle sue immense doti professionali, e basta - ci porta a pensare che in
qualche modo lui non mancherà troppo a noi. E non diciamo soltanto di italiani
anzi ferraristi che lo sentono parlare nella lingua di Dante soltanto adesso
che Maranello gli è lontana.
Ha compiuto in gara
prodezze notevoli, ha tutto sommato inflitto poche scorrettezze. E’ stato
sempre abbastanza gentiluomo, del tipo freddo però, ed ha sempre evitato i
sentimentalismi. La sua mimesi naturale gli ha impedito i sorrisi aperti. Solo
sorrisini a fior di labbra, poco più o poco meglio di una smorfia. Sempre è
apparso come un aristocratico inglese intento a valutare un certo tipo di tè.
In Giappone la Formula 1 s’offre (e soffre?) il primo giorno
davvero senza Schumacher, anche se lui prende il via. Possibile che ci sia
ancora un finale di stagione tra colpi di spillo e strette di mani gelide,
possibile anche lo stop sostanziale e formale, senza aspettare il Brasile. Lui,
annunciando il suo ritiro definitivo a sorpresa, quando la Mercedes proprio non
aspettava questa mossa, pensando a una diversa orchestrazione degli addii, ha
detto di sentirsi ancora competitivo. E’ stata una sua ammissione importante dal
punto di vista anche umano. Lui si sente competitivo, gli altri non lo ritengono
più tale (pare che soltanto Sauber e Force India gli abbiano offerto un’auto). In
qualche modo il divino pilota viene umanizzato. Evviva.