Con i Patti del Laterano, nel 1929, Mussolini chiudeva la Questione romana, apertasi nel 1870. Nasceva lo Stato della Città del Vaticano, territorio su cui si esercita la sovranità pontificia. Così il Papa non era “suddito” dell’Italia, ma godeva di una sovranità, quasi simbolica, base della sua piena libertà. Questo fu stabilito dal Trattato. Il Concordato regolava i rapporti tra Stato e Chiesa, delineando l’Italia come una nazione cattolica, tanto che da parte cattolica si sperava in una conversione del fascismo a regime cattolico. Non avvenne. C’era poi la convenzione finanziaria, per cui il Governo italiano versava alla Santa Sede 750 milioni di lire in contanti e un miliardo in buoni del tesoro, per chiudere i problemi pendenti tra le parti.
La fine del fascismo non travolse i Patti. Il Vaticano volle che il regime concordatario continuasse. Anche i comunisti, alla fine, l’accettarono, a differenza dei socialisti. Anzi i Patti furono inseriti nella Costituzione all’articolo 7 che statuisce: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. Negli anni della Repubblica, si discusse più volte della revisione del Concordato. Ma il processo era difficile anche per un Governo democristiano. Si arrivò alla riforma nel 1984, quarant’anni fa, per opera del premier Bettino Craxi. A seguito della revisione, nacque un originale sistema di finanziamento della Chiesa cattolica e delle altre confessioni: il contribuente può destinare l’8 per mille delle imposte alle religioni o devolverlo allo Stato. Non un’imposta di culto in più, come in Germania.
Il sistema, iniziato per la Chiesa cattolica, è stato esteso a dodici confessioni che hanno firmato l’accordo con lo Stato (tra cui ebrei, valdo-metodisti, greco-ortodossi). I contribuenti che scelgono lo Stato possono indicare un ambito per il loro contributo: fame nel mondo, calamità, rifugiati, beni culturali, edilizia scolastica. L’aggiunta di nuove voci da parte dello Stato fa calare il gettito alle confessioni religiose. Sembra che ora si voglia inserire una voce sul recupero dei tossico di pendenti. I fondi alle confessioni vanno in larga parte a scopi sociali. La Chiesa cattolica lo impiega per il sostegno ai più poveri e per progetti di solidarietà al Sud del mondo, oltre che per il culto e il sostentamento del clero.
I religiosi hanno una funzione sociale. Quando si discuteva del sostentamento del clero, il socialista Craxi, certo non clericale, disse: «Non affamate i preti!». Craxi, scrive Acquaviva, suo collaboratore, «aveva capito che il segreto dei cattolici era nella loro convinzione che non si vive per sé stessi». A 40 anni dagli Accordi del 1984, viene da chiedersi se ci sia ancora una comprensione piena della funzione sociale della Chiesa. Si resta stupiti quando si vede che l’ultima legge di bilancio prevede che il contributo per l’iscrizione al sistema sanitario per il “personale religioso” (con altre categorie) passi da 387 a 2000 euro. Un’incomprensione del ruolo che le comunità religiose svolgono nel nostro paese per fini sociali e religiosi. La realtà è che in una società povera di relazioni come la nostra, dove tanti “noi” si sono dissolti, la Chiesa, per la sua diffusione geografica e la sua consistenza numerica e comunitaria, resta una grande risorsa umana e spirituale. Questo va riconosciuto nei fatti dal Governo. Lo riconoscono gli italiani nella scelta dell’8 per mille, un vero strumento democratico.
Nella foto, Bettino Craxi e Agostino Casaroli si scambiano la penna dopo la firma della revisione del Concordato a Villa Madama, il 18 febbraio 1984