Un inciampo più che un aiuto reale. Il “soccorso verde” promesso a Mario Draghi dalla Lega rischia di creare più di qualche ostacolo alla formazione del nuovo Governo. Lo sa bene Matteo Salvini che, volutamente messi nel dimenticatoio i tempi in cui, da ministro del Conte 1, attaccava aspramente il governatore della Banca centrale europea, si presenta adesso a rivendicare, per il suo partito, una posizione del tutto in linea con il pensiero - sul Paese e sull’Europa - espresso dal presidente del consiglio incaricato. Il tema immigrazione, in questo momento poco di moda, viene tenuto nel cassetto. «Non potevamo parlare di tutto», dice placido il leader del Carroccio ai giornalisti subito dopo l’incontro della sua delegazione con Draghi. Vuole concentrarsi su come verranno spesi i soldi del recovery plan. «Mister 49 milioni», come lo chiama chi continua a ricordare i soldi che la Lega deve ancora restituire agli italiani, vuole stare nella stanza dove si decide. Parla del futuro delle nuove generazioni, dei cantieri da sbloccare, dei posti di lavoro. E liquida il tema migranti chiedendo che si applichino «con umanità» le politiche dell’Europa. Quella stessa che ebbe da ridire, e in più occasioni minacciando anche sanzioni all’Italia, per la sua gestione del tema quando era ministro dell’Interno. Dobbiamo essere come la Francia e la Germania, continua a dire forse ignorando che la percentuale di migranti in entrambi i Paesi di gran lunga superiore a quella accolta dall’Italia. Nel nuovo Governo «vuole metterci la faccia», dice Salvini. In altri termini, vuole sedersi su qualche poltrona, assecondando anche la linea di Giancarlo Giorgetti che vorrebbe entrare nella squadra. E vedremo quanto durerà il suo appoggiare Draghi «senza condizioni», dopo essere passato dal «Draghi deve scegliere tra Grillo e la Lega» e «mai insieme con chi mi ha mandato a processo». Il refrain di queste ore, forse scelto tra quelli che più possono minare il cammino di un Governo solido, è «siamo il primo partito italiano» (secondo i sondaggi che sciorina), e «non mettiamo veti». Vedremo nei prossimi giorni se ci attendono altre giravolte o se il leader della Lega considererà ben assestato il colpo per mettere in difficoltà soprattutto la maggioranza uscente e la formazione di un governo che avrebbe potuto forse contare su qualche ministro del Conte bis. O ancora se sarà sincero il suo appoggio seguendo la linea moderata di Giorgetti e l’appello all’unità del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Oppure se si farà condizionare dai sondaggi che danno una parte del suo elettorato in fuga verso il partito di Giorgia Meloni.
Intanto Draghi si concentra sul programma incontrando anche le parti sociali, in primis i sindacati con i quali si confronterà con l’emergenza dello sblocco dei licenziamenti prevista a fine marzo. Se «troverà la quadra» il presidente incaricato potrebbe recarsi al Quirinale giù mercoledì, al più tardi giovedì per sciogliere la riserva e presentare la squadra di Governo.