All'indomani della sassasiola sul pulman della Juventus e dell'esplosione della bomba carta nella curva torinista dellì'Olimpico, che ha provocato 12 feriti, pubblichiamo la rubrica di don Antonio Mazzi dedicata al fenomeno della violenza ultrà che compare sull'ultimo numero di Famiglia Cristiana in edicola da giovedì 30 aprile.
Io le curve degli stadi le conosco, e anche bene: due anni fa ho messo insieme le curve dell’Inter, del Milan e della Juventus, un evento storico mai accaduto prima. Ho dibattuto con loro, ho ascoltato le loro ragioni e i loro sogni. Conosco molti dei cosiddetti ultrà, alcuni sono stati ospiti della mia comunità, ragazzi che spesso hanno una vita difficile alle spalle, ma che hanno conservato le ragioni del cuore. So che c’è chi considera le curve come delle canee, ma io la penso diversamente: la curva – potenzialmente – è il luogo più popolare, più genuino, più sano da dove vedere una partita. Frequento San Siro da molto tempo: so bene che in tribuna c’è qualcosa di diverso, che molta gente che si siede sulle poltroncine rosse lo fa per ragioni meno appassionate e meno sportive, non per quella materia dei sogni che è il calcio.
Sono interista, ma sono stato persino nella “fossa dei leoni”, la curva del Milan, e mi sono trovato benissimo, dentro una festa di folclore e creatività. Ma non sono un ingenuo, ho sotto gli occhi decine di episodi che fanno degenerare questa genuina passione: atti di violenza, striscioni indecorosi come quello contro la mamma di Ciro, assalti alla squadra in ritiro come con il Cagliari, episodi di furia insensata come è accaduto alla stadio di Varese.
Ma se diamo tutta la responsabilità di quel che avviene ai soli ultrà, commettiamo un errore. Il problema sono le società. Certo è più comodo, per tutti noi, partire dal fattaccio, ma io mi domando spesso: le società di calcio che cosa sono diventate? Non dobbiamo generalizzare, ci sono ancora felici eccezioni, ma gran parte di questi consorzi umani sono una sintesi mal fatta di questo nostro tempo, che riesce a mettere insieme l’ipocrisia, l’economia, la festa, lo sport, l’imbroglio, l’inghippo. Ci sono commistioni tra società e gli ultrà che non mi piacciono, strani silenzi su episodi deprecabili. Tutte cose che rovinano una festa che dava significato alle domeniche. E che invece interessi economici hanno spalmato su tutta la settimana, trasformando la festa del calcio in un giorno come un altro.