Parla della gioia del sacerdote, papa Francesco. E chiede a tutti i preti, a quelli giovani e a quelli anziani, a quelli sani e a quelli malati, di riscoprire la gioia incorruttibile che l'ordinazione sacerdotale ha dato a ciascuno. Nella Messa crismale del Giovedì Santo, che papa Francesco celebra nella Basilica vaticana, il Papa ricorda che «il Signore ci ha unto in Cristo con olio di gioia e questa unzione ci invita a ricevere e a farci carico di questo grande dono: la gioia, la letizia sacerdotale. La gioia del sacerdote è un bene prezioso non solo per lui ma anche per tutto il popolo fedele di Dio: quel popolo fedele in mezzo al quale è chiamato il sacerdote per essere unto e al quale è inviato per ungere. Unti con olio di gioia per ungere con olio di gioia».
Una gioia che ha tre caratteristiche: «è una gioia che ci unge (non che ci rende untuosi, sontuosi o presuntuosi), è una gioia incorruttibile ed è una gioia missionaria che si irradia a tutti e attira tutti, cominciando alla rovescia: dai più lontani».
«Unti fino alle ossa», dice il Papa. Spiegando che proprio per questo la gioia che traspare all'esterno è l'eco di questa unzione profonda. Una gioia incorruttibile che nessuno può togliere al sacerdote anche quando è soffocata dal peccato o dalle preoccupazioni della vita. Nel profondo però è come il ceppo della brace.
Una gioia che il pastore non "ricarica" da sé, ma che è posta in «intima relazione con il santo popolo fedele di Dio perché si tratta di una gioia eminentemente missionaria. L’unzione è in ordine a ungere il santo popolo fedele di Dio: per battezzare e confermare, per curare e consacrare, per benedire, per consolare ed evangelizzare».
Roma, 17 aprile 2014. Papa Francesco durante la Messa crismale del Giovedì Santo. Foto Reuters.
Ed è per questo che lo stesso popolo diventa custode della gioia del pastore. Un
popolo, un gregge, generoso «che è capace di custodire la gioia, è
capace di proteggerti, di abbracciarti, di aiutarti ad aprire il cuore e
ritrovare una gioia rinnovata. “Gioia custodita” dal gregge e custodita
anche da tre sorelle che la circondano, la proteggono, la difendono:
sorella povertà, sorella fedeltà e sorella obbedienza».
Una gioia che chiede anche di uscire, anche per trovare la propria
identità: se si cerca la gioia introspettivamente, spiega papa
Francesco, forse si trovano solo «segnali che dicono “uscita”: esci
da te stesso, esci in cerca di Dio nell’adorazione, esci e dai al tuo
popolo ciò che ti è stato affidato, e il tuo popolo avrà cura di farti
sentire e gustare chi sei, come ti chiami, qual è la tua identità e ti
farà gioire con il cento per uno che il Signore ha promesso ai suoi
servi. Se non esci da te stesso, l’olio diventa rancido e l’unzione non può essere feconda».
E la Chiesa, grazie alla disponibilità del sacerdote, diventa «casa
dalle porte aperte, rifugio per i peccatori, focolare per quanti vivono
per strada, casa di cura per i malati, campeggio per i giovani, aula di
catechesi per i piccoli della prima Comunione... Dove il popolo di
Dio ha un desiderio o una necessità, là c’è il sacerdote che sa
ascoltare (ob-audire) e sente un mandato amoroso di Cristo che lo manda a
soccorrere con misericordia quella necessità o a sostenere quei buoni
desideri con carità creativa».
Infine il Papa chiede «al Signore Gesù che faccia scoprire a molti
giovani quell’ardore del cuore che fa ardere la gioia appena uno ha la
felice audacia di rispondere con prontezza alla sua chiamata. In questo
Giovedì santo chiedo al Signore Gesù che conservi il brillare gioioso negli occhi dei nuovi ordinati, che partono per “mangiarsi” il mondo,
per consumarsi in mezzo al popolo fedele di Dio, che gioiscono
preparando la prima omelia, la prima Messa, il primo Battesimo, la prima
Confessione»; «di confermare la gioia sacerdotale di quelli che hanno
parecchi anni di ministero. Quella gioia che, senza scomparire dagli occhi, si posa sulle spalle di quanti sopportano il peso del ministero, quei preti che già hanno tastato il polso al lavoro, raccolgono le loro forze e si riarmano»; «che risplenda la gioia dei sacerdoti anziani, sani o malati. E’
la gioia della Croce, che promana dalla consapevolezza di avere un
tesoro incorruttibile in un vaso di creta che si va disfacendo. Sappiano
stare bene in qualunque posto, sentendo nella fugacità del tempo il
gusto dell’eterno. Sentano Signore la gioia di passare la fiaccola, la
gioia di veder crescere i figli dei figli e di salutare, sorridendo e
con mitezza, le promesse, in quella speranza che non delude».