Un discorso di Papa Francesco, non uno a caso: quello tenuto il 23 ottobre del 2014 ai delegati dell’associazione internazionale del diritto penale. Quel giorno il papa parlò di carcere, di pena di morte, di populismo penale, di tortura, di diritti umani, di dignità, di corruzione. Ora in un libro, uscito nei giorni scorsi, Giustizia e carcere secondo papa Francesco, a cura di Patrizio Gonnella, Marco Ruotolo, per i tipi di Jaca Book operatori del diritto e persone che comunque con quel mondo hanno a che fare, tra loro Elvio Fassone magistrato in pensione e giudice della Corte costituzionale in pensione, Luigi Ferrajoli professore emerito di Filosofia del diritto, Giovanni Maria Flick, professore di diritto penale, già ministro della giustizia, Carmelo Musumeci ergastolano e numerosi altri, analizzano il discorso del papa.
Lo rileggono alla luce delle loro esperienze c conoscenze che non sono teologiche, anzi sono a volte conoscenze di persone lontane dalla chiesa, ma che, come papa Francesco, per le ragioni del loro lavoro e del loro servizio, o delle proprie responsabilità, si interrogano sullo stato del diritto penale, sulla funzione della pena, sulla capacità effettiva dei sistemi penali di rieducare chi viene riconosciuto colpevole, sull’incapacità, troppe volte, di rispettare pur nella detenzione i diritti della persona.
Temi attuali in Italia e nel mondo, perché è bene ricordare che quel discorso del papa, pur interrogando non poco le coscienze italiane, aveva quel giorno una platea mondiale, per la gran parte composta di stati che non si possono definire di diritto nemmeno formalmente. L’attualità del tema diventa tanto più urgente nei giorni della visita del primo papa nella storia del carcere milanese di San Vittore, giorno che ha coinciso per caso, con l’anniversario dei trattati di Roma complenanno dell’Europa come unione.
All’Europa cui, troppo spesso, si pensa soltanto come a un’istituzione burocratica, distante e un po’ arcigna ma in cui ci si dimentica di riconoscere un tessuto culturale comune, soprattutto nel diritto e nei diritti: l’Europa è il luogo che ha concepito per primo la democrazia e la separazione dei poteri, il primo continente al mondo ad aver abolito la pena di morte, il primo a teorizzare oltre 250 anni fa con Cesare Beccaria la crudeltà e l’inutilità della tortura come mezzo di ricerca della prova, valori che un’Europa spaventata e in crisi di identità potrebbe rischiare di questi tempi di smarrire - come altre volte è accaduto nella prima metà del Novecento - valori che ritornano e che ci interrogano, soprattutto come europei, nel discorso di un papa venuto dalla fine del mondo.