La Grecia torna alla urne per la
seconda volta in un mese e mezzo, per decidere sul destino di sé stessa,
dell’euro e dell’Europa. Per tornare a un’epoca così cruciale, in cui così
pochi (meno di dieci milioni di aventi diritto al voto su un popolazione di
undici milioni di abitanti) sono così determinanti per così tanti (l’Unione
europea conta 495 milioni di abitanti), bisogna andare alle memorie classiche
di 25 secoli fa, quando il territorio ellenico divenne la culla della
democrazia e della civiltà europea.
I protagonisti delle nuove elezioni, dopo il fallimento di quelle del 6 maggio
(oltre tre milioni e mezzo di astenuti e la successiva paralisi politica) sembrano voler interpretare
il momento, almeno a giudicare dalle loro dichiarazioni. "Da oggi comincia una nuova
epoca per la Grecia", ha detto Antonis Samaras, il leader del partito di
Centrodestra Nea Dimokratia dopo aver deposto la propria scheda in un seggio di
Kalamata, nel Peloponneso meridionale. Anche il leader del movimento socialista
Pasok, Evangelos Venizelos, ha dichiarato che “da domani la Grecia deve avere
un governo di corresponsabilità nell’ambito dell'Unione europea”. Quanto ad
Alexis Tsipras, il giovane leader del partito della coalizione della sinistra
radicale Syriza, la vera incognita di queste elezioni, parla di "paura sconfitta" e di "apertura alla speranza". Speriamo. Il 37enne Tsipras pur
dichiarandosi cautamente europeista (soprattutto dopo i sondaggi che vedono
molti suoi elettori in libera uscita per timore di tornare alla dracma) si
oppone ai termini del piano di salvataggio internazionale, e promette di
rinegoziarlo. Ma la sua vittoria potrebbe rendere più probabile l'uscita della
Grecia dall'euro.
Syriza è data testa a testa con i conservatori di Nea
Dimokratia, che sono favorevoli senza se e senza ma al piano di salvataggio, per programma politico e coda di paglia: quando il partito era al Governo sono stati proprio i suoi governanti a
truccare i conti che hanno portato il Paese sull’orlo del baratro.
Lette in controluce, queste elezioni vanno considerate come un vero e proprio
referendum: dracma contro euro.
Proprio per questo la cancelliera tedesca Angela Merkel ha fatto sentire la sua voce, entrando nella
cabina elettorale dei greci, invitandoli a votare “per chi rispetta gli
accordi”. Ovvero per Nea Dimokratia. Un pressing sull’elettorato che ha il
sapore dell’ultimatum e potrebbe provocare non poche ribellioni nell’urna da
parte di un popolo orgoglioso come quello greco.