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sabato 14 dicembre 2024
 
 

Dossier - La guerra dei cordoni

03/06/2010  E' polemica sulla conservazione per sé delle cellule staminali da sangue cordonale in banche private. I dubbi degli scienziati e delle associazioni di volontariato.

È davvero utile conservare per sé le cellule staminali presenti nel sangue del cordone ombelicale? La polemica a livello internazionale è scoppiata violentemente nel febbraio scorso quando a scagliarsi  contro gli interessi delle banche private del cordone ombelicale è stato un luminare della medicina rigenerativa americana come Irving Weissman, direttore dell’istituto di Biologia delle cellule staminali  dell’università americana di Stanford. L’accusa ha fatto subito il giro del mondo: dietro promesse di miracolosi poteri terapeutici si nasconderebbe un business che sfrutta la disinformazione e l’ingenuità di tanti genitori in apprensione per salute dei figli.

Ma allora che fare del cordone ombelicale? Donarlo “altruisticamente” o conservarlo per il proprio figlio? E’ il dilemma in cui può imbattersi la futura mamma poco prima del parto. Qual è la scelta più giusta e, insieme, più utile? Per il mondo della scienza non ci sono dubbi: l’unica opzione sensata è la donazione a fine solidaristico. Ma, da qualche tempo, molte sono le madri che decidono di conservare il sangue cordonale per sé, affidandolo, a pagamento,  a biobanche private  estere, con la  convinzione che le cellule staminali “emopoietiche” contenute nel cordone posseggano enormi poteri terapeutici.

Ma le promesse delle banche sono supportate da rilevanze medico-scientifiche? Pare di no, e secondo gli specialisti del settore, l’unica certezza dietro alle campagne promozionali pro-conservazione del cordone, con tanto di ingaggio di testimonial, sarebbe un appetibile  giro d’affari per chi si offre di congelare il sangue cordonale (SCO) a colpi di migliaia d’euro.

Fino a qualche tempo fa la questione non si poneva nemmeno: il cordone ombelicale era un’appendice, che al momento della nascita di un bambino non aveva più ragion d’essere e, perciò, veniva gettato. Da anni, invece, si sa che il sangue contenuto in esso contiene una buona quantità di cellule staminali “emopoietiche” di origine midollare, cioè che possono dar vita ad altre cellule di sangue, in grado di rigenerare un midollo osseo colpito da gravi malattie o esposto a trattamenti radio e chemioterapici.

«Negli ultimi 15 anni il trapianto di midollo osseo è divenuto un’importante possibilità terapeutica per gli ammalati di leucemia, linfomi e mielomi. Da dieci anni si è osservato che il prelievo del midollo osseo poteva essere sostituito con la semplice raccolta delle sole cellule staminali ematopoietiche di un donatore sano, quelle appunto del sangue contenuto  nel cordone ombelicale di un neonato», come spiega il dottor Martino Introna, direttore del laboratorio di terapia cellulare “G. Lanzani” presso la divisione di Ematologia agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Da qui la costituzione di banche per la conservazione del cordone ombelicale (a oggi, nel mondo, sono circa 400 mila i campioni crioconservati e disponibili al trapianto, in un centinaio di banche. E sono oltre 28 mila quelli conservati nelle banche pubbliche italiane).

Esistono tre tipi di donazione di SCO: quella volontaria e altruistica (detta “allogenica solidale”), che si effettua, in Italia, presso una banca pubblica e che mette a disposizione questo sangue per chi un giorno potrebbe averne bisogno, attraverso un Registro internazionale dei donatori; la conservazione “allogenica dedicata”, su precisa indicazione medica, in favore di un familiare malato del donatore; e infine la conservazione “autologa”, fatta cioè per poter utilizzare le cellule cordonali per curare lo stesso donatore in un secondo momento. Ma se l’impiego “solidale” delle cellule staminali cordonali «è ormai ampiamente consolidato dalla letteratura scientifica, con comprovata documentazione d’efficacia», come afferma il presidente di Gitmo (Gruppo italiano per il trapianto del midollo osseo) Alberto Bosi, «lo stesso non si può affermare per la conservazione autologa». Il Gitmo, infatti, ha ribadito anche di recente la “non utilità” di questa opzione poiché non esiste finora alcuna evidenza che le cellule staminali del SCO conservate possano essere d’utilità per lo stesso neonato donatore.

Nonostante ciò, le strutture private accreditate alla conservazione delle cellule  cordonali continuano a  “bancare” le sacche di sangue di chi opta per l’uso autologo: nel 2009 sono state 18 mila le donne italiane che si sono rivolte alle banche estere. In Italia, infatti,  la legge vieta questa possibilità, e in base alle nuove disposizioni dettate da un decreto ministeriale del 2009, prevede esclusivamente la donazione altruistica presso strutture pubbliche, salvo l’eccezione di poche malattie genetiche per le quali è consentita la “conservazione familiare dedicata”.

Contro le biobanche private estere sono scesi in campo autorità mediche, le associazioni di volontariato (Adoces, Adisco e Admo), quelle che raccolgono i familiari dei pazienti emopatici neoplastici e, di recente, lo stesso Ministero della Salute, nella persona del sottosegretario di Stato Eugenia Roccella.



Alberto Laggia

«Finora nessuna unità di sangue raccolta e stoccata nelle banche private ed esportata all’estero è stata utilizzata dal donatore. Si tratta, quindi, di una commercializzazione del corpo umano purtroppo permessa dalla legge italiana attraverso il meccanismo dell’autorizzazione ministeriale. Una specie di truffa legalizzata. In Francia, per esempio, la legge è molto più restrittiva e vieta in modo assoluto l’esportazione del sangue cordonale». La denuncia è di un “esperto del ramo” come il professor Licinio Contu, già professore ordinario di Genetica medica dell’Università di Cagliari e professore associato di Ematologia all’Università di Cagliari e di Parigi, uno dei massimi esperti scientifici in materia di donazione del sangue del cordone ombelicale, nonché presidente della Federazione Italiana AdoCeS (Associazione italiana donatori cellule staminali), che promuove tra l’altro anche la donazione delle cellule staminali emopoietiche da cordone ombelicale.

- Professor Contu, la donazione autologa è permessa in Italia?
«In Italia è vietata la conservazione presso enti privati del sangue cordonale. Questa è consentita solo in strutture pubbliche autorizzate dette “banche di SCO”. La legge inoltre prevede che la donazione per uso autologo venga fatta solamente in casi gravi e comprovati dal medico, come nel caso del neuroblastoma, tumore maligno che può colpire un neonato e che è diagnosticabile prima della nascita. In questo caso il sangue del cordone resta esente dalla malattia e può essere utilizzato per riparare la distruzione delle cellule staminali del midollo osseo causate dalla chemioterapia e radioterapia resesi necessarie per curare la malattia. Casi eccezionali ma pur sempre possibili».

- Altrimenti?
«Altrimenti la donazione deve essere sempre solidale oppure “dedicata”, cioè a favore di un familiare del donatore. A tutto il 2009 c’erano nelle banche pubbliche italiane 28.464 unità di cordone ombelicale per scopo solidale, 113 per scopo autologo e 1949 per uso dedicato. Le proporzioni si mantengono in questi termini se guardiamo al loro effettivo utilizzo: nel 2009 in Italia erano state usate 1018 unità di cordone ombelicale per scopo solidale, 116 per familiari del donatore e solo 2 autologhe. Quest’ultima categoria dunque è davvero molto rara».

- Quanto tempo sono conservabili le cellule del cordone?
«Secondo la scienza per un periodo tra i 15-20 anni».

- In quanti punti-nascita è possibile fare la donazione?
«In Italia sono circa 360. Perché un punto-nascita sia accreditato per la donazione deve avere almeno 500 parti all’anno e avere personale preparato in questa materia specifica. In Italia abbiamo 18 banche del sangue cordonale, la diciannovesima sta nascendo in queste settimane a Cagliari. Per fare un confronto, la Francia, ad esempio, ha solo 8 banche accreditate in tutto il territorio. Inoltre, mentre in Italia l’obiettivo è quello di attestarsi su 90 mila unità di sangue cordonale conservato per coprire il fabbisogno nazionale, in Francia questa stima è molto inferiore: circa 50mila unità. Come vede esistono valutazioni molto diverse da nazione a nazione a seconda della politica sanitaria adottata».

- La legge non permette allora l’autodonazione indiscriminata?
«La legge italiana non favorisce, tuttavia consente la donazione di cellule staminali di cordone ombelicale e la loro esportazione in banche private estere per esclusivo uso autologo. Così succede che intermediari di queste banche private, che traggono grandi proventi dalla loro attività, convincano moltissime donne in procinto di partorire a donare il sangue cordonale per uso autologo».

- Quanto costa stoccare privatamente il proprio sangue ombelicale?

«In genere fra i 2.000 e i 3.000 euro, più un abbonamento annuale per la conservazione, tra i 100 e i 200 euro all’anno».

- Quali sono le proporzioni tra donazioni per uso solidale e quelle per uso autologo attraverso le banche private?
«Tra il 2006 e la fine del 2009 circa 34 mila unità di sangue cordonale sono andate all’estero in banche di crioconservazione private per uso autologo. Nello stesso periodo circa 10 mila, cioè in una proporzione compresa fra un terzo e un quarto del dato precedente, sono state fatte invece per uso solidale e conservate nelle banche pubbliche italiane. Occorre anche precisare che la donazione autologa attraverso le banche private avviene secondo ben precise procedure stabilite dal Ministero della Salute, che quindi controlla il procedimento e ottiene dalla donna il consenso informato».

- Tutte le donne possono donare?

«Prima di effettuare una donazione a favore di una banca pubblica vengono fatti accurati controlli sulla donna che deve partorire. Ad esempio non possono donare donne che hanno avuto una gravidanza inferiore alle 36 settimane. Vi è quindi una prima scrematura delle possibili donazioni. Successivamente vengono fatte analisi sul sangue cordonale, con il risultato che sul totale delle donazioni fatte quello effettivamente stoccato è compreso fra il 25% e il 30%».

- Lo stesso accade per le banche private?

«No, queste prendono tutto senza controllo preventivo né successivo. Ma la cosa curiosa è che il bambino che dona il cordone per sé stesso alla nascita è un bambino sano. La probabilità che egli necessiti di utilizzare il suo cordone è in media una su 100.000. E nessuna malattia genetica, comunque, può essere curata dall’autodonazione, perché evidentemente in quel caso anche le cellule cordonali risultano affette dalla medesima patologia».

- Cosa sta facendo l’Adoces per sensibilizzare su questi temi?
«Cerchiamo di informare l’opinione pubblica e le famiglie promuovendo eventi come il prossimo convegno dal titolo “La donazione del sangue cordonale oggi. Il viaggio delle staminali dal parto al trapianto”, che si terrà il 22 giugno prossimo a Roma in occasione del 7° Forum internazionale della salute».

- Quindi entrerete nella questione della conservazione autologa?
«Certo e del rischio che stiamo correndo permettendo la donazione autologa in banche private, cioè quello di una vera e propria commercializzazione aggressiva del corpo umano. Questo contraddice i principi di gratuità e di solidarietà che reggono nel nostro Paese la donazione del sangue, del midollo osseo e degli organi. Si tratta di un liberalismo male interpretato perché se si apre una tale via non si sa effettivamente dove si possa arrivare».

- Che ragioni portano invece le banche private?
«Direi che non ce n’è nemmeno una. In Italia ci sono 23 banche private estere che operano attraverso intermediari, e nessuna di loro accetta di confrontarsi pubblicamente sul tema. Gli argomenti che usano sono spesso falsi: raccontano che il sangue cordonale può essere conservato per 30 anni, cosa  non dimostrabile; fanno credere alle mamme che con la donazione autologa forniscono al neonato una specie di “assicurazione biologica” contro il rischio di un gran numero di malattie, ben sapendo che non potrebbero mai essere curate con le cellule staminali autologhe; non fanno presente che la percentuale di utilizzo effettivo del loro sangue cordonale “autodonato” è estremamente basso, tanto che in Italia nessuno l’ha ancora utilizzato; danno informazioni fantasiose sulla possibilità, ancora tutta da dimostrare, visto che la ricerca in questo campo sarà lunghissima, che le cellule possano essere utilizzate per una malattia rigenerativa e curare l’Alzheimer, il Parkinson, gli infarti o gli ictus. Le basta?».


Stefano Stimamiglio

«Nella nostra struttura la conservazione del sangue cordonale costa 2.050 euro per 20 anni, senza ulteriore versamento successivo», afferma l’ingegner Italo Tripodi, direttore generale di Future Health Italia. Nata nel 2004, Future Health è una delle 23 banche private che, autorizzate dal Ministero della Salute, raccolgono sangue cordonale per la donazione cosiddetta “autologa”, cioè per esclusivo uso privato. La banca nata a Nottingham, vicino a Londra, ha sedi in 17 Paesi ed è accreditata come banca di tessuti umani dal ministero della Salute inglese. Assieme a Tripodi, la dottoressa Eugenia Kantzari, Responsabile Comunicazione e Operations di Future Health Italia, ci spiegano l’attività e i servizi offerti dalla biobanca inglese.

Perché una donna decide di fare una donazione autologa, cioè per esclusivo uso privato?
«Chi decide di donare il sangue cordonale per uso privato», risponde il direttore generale, «lo fa innanzitutto per alcune difficoltà che si riscontrano nella donazione pubblica, che sono sia di natura logistica, in quanto solo raramente chi partorisce capita in strutture ospedaliere attrezzate per raccogliere il sangue cordonale, sia di natura quantitativa, in quanto le banche pubbliche, a differenza di quelle private, non procedono alla conservazione del sangue se i campioni non hanno almeno 80 centilitri di sangue, un quantitativo molto alto che non sempre si riesce a raggiungere». Ma il motivo principale pare essere un altro: «Le probabilità di trovare del sangue compatibile in banche pubbliche sono pochissime, circa una su 40.000; c’è chi vuole allora costituirsi una riserva privata da utilizzare anche in caso di bisogno all’interno della famiglia in caso di malattie future». Una sorta di “assicurazione biologica”, dunque.

C’è, però, da dire poi che statisticamente la percentuale di avere un altro figlio malato è in realtà molto bassa e viene da chiedersi se il gioco, pardon, il costo, valga la candela.    Un’altra obiezione alla conservazione autologa è la mancanza di evidenze rispetto all’azione di queste cellule per fini rigenerativi, cioè per curare malattie causate dalla morte di tessuti. La dottoressa Kantzari nutre al contrario una grande speranza in merito: «Le cellule emopoietiche in effetti possono produrre solamente cellule sanguigne. Invece le cellule staminali mesenchimali, quelle cioè che si trovano nella gelatina del cordone, offrono invece promettenti prospettive per la medicina rigenerativa e noi, al contrario di qualcuno, vogliamo essere ottimisti in materia».

C’è infine chi sostiene che si deve verificare ancora un solo caso di utilizzazione del sangue cordonale stoccato in banche private. « È vero», ammette Kantzari: «A fronte di 20 mila donazioni autologhe in soli due anni non abbiamo avuto ancora casi di utilizzo, ma il numero ancora relativamente basso di donazioni e il tempo limitato dall’inizio dello stoccaggio ancora non permette di dire che è una pratica inutile. All’estero, dove il bancaggio è partito prima, vi sono dei casi ben documentati».


Stefano Stimamiglio

«La conservazione per sé del sangue cordonale è del tutto inappropriata, perché inutile. La sua donazione invece è un gesto altruistico e prezioso. Lo sostiene la comunità scientifica internazionale. Perciò la raccolta delle cellule staminali del cordone ombelicale rappresenta un obiettivo primario del nostro sistema sanitario nazionale che vuole garantire, tra l’altro, la gratuità per i pazienti che ne avessero bisogno». Sono parole del sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella.

La sua battaglia per il potenziamento della rete di biobanche pubbliche per la conservazione di un patrimonio genetico così importante, contro il business delle banche private, è iniziata l’anno scorso con l’emanazione del decreto ministeriale (18 novembre 2009) che prevede, appunto, la conservazione del sangue cordonale soltanto presso strutture pubbliche e solo per donazione altruistica. «La rete delle nostre 18 banche pubbliche rappresenta un sistema d’eccellenza, che è ai primi posti in Europa in quanto a efficienza e qualità», precisa Roccella. «Il nostro intento è quello d’implementare e migliorare ulteriormente tale rete, dalla raccolta alla distribuzione del SCO (sangue  del cordone ombelicale, ndr), e a questo scopo è stato finanziata una cifra di dieci milioni d’euro».

Il criterio dell’azione ministeriale, appoggiata dalle associazioni di volontariato che operano nel settore, è chiaro: l’accesso alla terapia e al trapianto di midollo deve essere gratis e uguale per tutti, come lo sono, in Italia, i trapianti per gli altri organi e per il sangue. «La conservazione per sé del cordone ombelicale viene spacciata come un’assicurazione sulla vita del proprio figlio, illudendo  le mamme e inducendole al sacrificio economico”, osserva ancora il sottosegretario. «Ma le cose non stanno così: si deve sapere che solo la donazione del cordone rappresenta un’opportunità scientificamente valida ai fini terapeutici, perché così si accrescerà il patrimonio cellulare a disposizione di tutti coloro che ne avessero bisogno».

Ma il sottosegretario alla Salute va oltre: «Lo stop legislativo, imposto oggi, alla raccolta del sangue cordonale da parte delle biobanche private in Italia, vuol essere anche un argine alle richieste, che organizzazioni private, domani, avanzeranno per conservare altre parti del corpo». «La logica sottesa a queste operazioni è quella che pensa al corpo umano solo come a un bene mercantile. Si comincia col cordone ombelicale e poi…».


 Alberto Laggia   

Quando si parla di donazione naturalmente si parla di persone, di volti, di sofferenza ma anche di speranza. Matteo Faroni vive a Bergantino, sulla riva rodigina del Po, al confine tra il Veneto e la Lombardia, e di professione fa il macellaio. Fin qui tutto normale. Se non che, dopo due anni dalla nascita del suo primogenito Manuele, giunge una cattiva notizia. «I medici riscontrano una rara leucemia guaribile solo con trapianto di midollo osseo», dice con un sospiro l’uomo. «Il trapianto, avvenuto al Policlinico di Pavia dopo un’accurata ricerca nella banca dati internazionale di un midollo compatibile, è andato bene e oggi, a quasi 14 mesi dall’intervento, ne siamo quasi fuori». La mamma di Manuele, al momento del parto, aveva compiuto il bellissimo gesto di donare il cordone per un eventuale bambino malato. Non sapeva ancora che ad ammalarsi di leucemia sarebbe stato proprio suo figlio. Per questo la sua sacca di sangue è stata tolta dalla biobanca pubblica in cui era stoccata in quanto, non potendosi escludere cause genetiche per la leucemia, il sistema sanitario, di prassi, dispone di eliminare la donazione. Nel caso della leucemia, quindi, un’eventuale autodonazione in una banca privata non serve a nulla. 

Anche Federica Testa, impiegata di Treviso e mamma di due bambini, ha fatto l’esperienza della donazione di cordone ombelicale. «Sono molto sensibile alla tematica della donazione avendo perso qualche anno fa mio padre a causa di una leucemia. Alla luce di questa dolorosa esperienza e aiutata dalla mia fede sono diventata dapprima donatrice di midollo e, conoscendo anche la possibilità di donare il sangue cordonale, al momento del parto del mio primogenito Giovanni ho fatto questa scelta, informandomi sulle procedure da seguire attraverso un colloquio con un medico sullo stato di salute mio e di mio marito».

Naturalmente quando si partorisce occorre avvisare i sanitari. «Al momento del mio ricovero, Giovanni ho avvertito l’ostetrica di questa mia intenzione. La procedura di prelievo del sangue cordonale è stata completamente indolore». Le disposizioni previste dai protocolli medici, però, non finiscono qui: «Dopo sei mesi dal parto il laboratorio fornisce le analisi e avverte se la raccolta, in termini di quantità e qualità, è buona. A quel punto si procede con un’analisi del sangue della madre e il materiale biologico viene inserito in una banca dati internazionale». L’esito della donazione, esclama con gioia la donna, è andato a buon fine: «Dopo circa 3 anni dalla nascita di Giovanni ci hanno chiamato e avvertito che il suo sangue cordonale era stato utilizzato per un bimbo statunitense leucemico».

Alla donna che ha deciso la donazione non viene comunicata l’identità del beneficiario del sangue e, soprattutto, dell’esito del trattamento, anche per non creare traumi in caso di esito infausto. «Trovo che sia un gesto di altruismo gratuito, particolarmente adatto per una donna che sta vivendo la gioia e l’emozione di dare alla vita un bambino», conclude Federica. Un invito, dunque,  a tutte le mamme a partecipare a quella cultura del dono che rende ogni società umana più bella e vivibile.


Stefano Stimamiglio

DIZIONARIO MINIMO

BANCA DI SANGUE CORDONALE
La banca dove vengono conservate le unità di sangue cordonale. E' anche la struttura che si occupa della loro distribuzione presso il Centro Trapianti di Midollo dov'è ricoverato il paziente per il quale l'unità di sangue è stata selezionata.

CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE
Sono le cellule che hanno la capacità di generare le cellule del sangue e i suoi elementi (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). Tali cellule sono presenti nel midollo osseo, che è il principale organo emopoietico, nel sangue periferico, e nel sangue cordonale. 

RACCOLTA E CONSERVAZIONE ALLOGENICA (DONAZIONE)
Il sangue del cordone ombelicale è donato per essere messo a disposizione della collettività. La donazione è volontaria, gratuita e anonima. La raccolta e la conservazione non comporta alcun onere per la donatrice e la famiglia. Le banche di raccolta sono strutture pubbliche e fanno parte del Sistema Sanitario Nazionale.

RACCOLTA E CONSERVAZIONE DEDICATA
Il sangue  del cordone ombelicale è riservato ad un familiare, compatibile, generalmente un fratello, affetto da una patologia per la quale è indicato un trattamento terapeutico che prevede l'utilizzo di cellule staminali emopoietiche. La raccolta e la conservazione non comportano alcun onere per la donatrice. La donazione in questo caso è permessa solo previa autorizzqazione medica.
 
RACCOLTA E CONSERVAZIONE AUTOLOGA
E' il caso in cui il sangue del cordone ombelicale viene riservato per il neonato a cui appartiene o per uso intra-familiare. Le spese per la raccolta e la conservazione in banche private (estere) sono a carico della famiglia.

TRAPIANTO ALLOGENICO
Consiste nel prelievo da un donatore sano, compatibile, di un numero adeguato di cellule staminali emopoietiche e nella loro successiva introduzione in un paziente.

TRAPIANTO AUTOLOGO
Termine improprio che indica l'infusione in un paziente trattato con radio o chemioterapia, di cellule staminali emopoietiche provenienti dal paziente stesso e prelevate in precedenza. 

(fonte: Ministero della Salute)

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