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mercoledì 09 ottobre 2024
 
 

Juventus e Federazione, che teatrino

03/08/2012  Tra il torbido del calcioscommesse, la squalifica richiesta per Antonio Conte, i 30 scudetti sul campo e quello di cartone del 2006, il tifoso italiano chiede solo un po' di tregua.

Chissà se i veri appassionati di calcio, nel senso di gioco e non di perenne teatrino dei nostri difetti enfatizzati, esasperati, enucleati del tutto dal concetto vero e sano di sport, riusciranno, un anno o l’altro, un secolo o l’altro, un millennio o l’altro, a concedersi una vacanza nella pineta del buon senso, dell’onestà, della non partigianeria, ad andare ad abitare la faccia buona del satellite Tifo, dove si pratica l’amore per i propri colori e non l’odio per tutto ciò che non sta in sintonia con questo amore? Siamo assolutamente pessimisti, e quello che sta accadendo tra la federazione e la Juventus a proposito di Antonio Conte ci rafforza “maledettamente” in questo pessimismo.

Dovrebbe essere chiaro che non è possibile che tutta la ragione stia da una parte, tutto il torto dall’altra. Che se il club bianconero a Torino ha deciso, magari senza l’accordo pieno di Conte, restio a riconoscersi comunque colpevole, di andare verso il patteggiamento, qualcuno a Roma doveva averlo consigliato di fare così. Che però alla Juventus hanno creduto di poter imporre loro le condizioni del patteggiamento, istituto che sino a prova contraria è però modulato dal giudice, non dall’imputato. Che la giustizia federale, offesa, ha reagito chiedendo per Conte una pena forte, che magari al via del procedimento non si sognava di chiedere. Che la Juventus non può continuare a dirsi bersaglio di tutte le ingiustizie (e perché non chiedersi casomai il perché?), come fa dal 2006, quasi fosse un club piccolo e nero e non la società più amata e incoronata e spesso riverita d’Italia. Che la federazione dovrebbe rimarginare la prima ferita, quella dello scudetto 2006 assegnato troppo frettolosamente all’Inter.

Che però è assurdo e provocatorio l’atteggiamento della Juventus che si attribuisce trenta scudetti ignorando una giustizia federale che essendo umana non è perfetta, ma che in mille altre occasioni della sua lunga storia le ha fatto comodo accettare. Come è possibile pensare che si possa anzi debba andare avanti così, che da Torino si minacci una marcia su Roma, che a Roma prima si prospetti indulgenza poi si eserciti severità eccessiva? Che il resto del nostro calcio assista a questo teatrino senza volere anche per sé una parte, e importante, per sporca o sporcante che possa essere? Che appassionati “naturali” e appassionati drogati o sfruttati (anche dalla politica) non usino presto o tardi le tensioni per le loro bieche strategie? E come è possibile dirsi o almeno pensarsi sportivi perché si sa cogliere il bello dei Giochi olimpici e poi perdersi nelle pochezze, nelle miserie di questo calcio?

E se non ce la fa il Coni a fermare la rissa, ce la deve fare il governo (Monti potrebbe riprendere la parola), o si rischiano intrusioni forti e magari non competenti e quindi deleterie? Non abbiamo certezze, non presumiamo di sapere bene cosa fare. Semplicemente, e pensando che anche la stampa sportiva abbia le sue colpe, vogliamo confessare la nostra debolezza e intanto dire che non crediamo più a nulla se non alla magia: per cui nel calcio magicamente i dirigenti ed i tifosi ragionino, nel mondo delle scommesse magicamente si fermino i signori del crimine della truffa, nelle stanze dei bottoni magicamente si pensi alle asole e non alle pressioni sui bottoni stessi (ché poi se fossimo bottoni ci offenderemmo per l’accostamento con i pomelli che, premuti, scatenano le guerre).

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