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venerdì 04 ottobre 2024
 
 

La legge Merlin tutela la dignità personale

06/03/2019  La Corte Costituzionale salva la legge che nel 1958 abolì le case di tolleranza, ribadendo che la prostituzione, sempre più legata alla tratta degli esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, continua a ridurre in schiavitù migliaia di donne.

Oggi è stata una giornata molto importante per quello che si continua a definire, in modo improprio, “il mestiere più antico del mondo”. La Corte costituzionale italiana, pochi giorni prima della “Giornata internazionale della donna”, si è prunciata: la legge Merlin è conforme alla Costituzione italiana, dove dichiara illegale e punibile il reclutamento e il favoreggiamento anche della prostituzione esercitata volontariamente.

È stata la Corte d’appello di Bari a porne in dubbio la legittimità costituzionale nell’ambito della vicenda processuale che ha coinvolto Silvio Berlusconi per le sue “cene particolari”. Mentre la Corte costituzionale francese, il 1° febbraio 2019, ha riconfermato, in seguito a un analogo ricorso, la costituzionalità della legge del 2016, che vieta l’acquisto di atti sessuali e penalizza i clienti, ritenendo la prostituzione una forma di violenza e di sfruttamento, di sfregio alla dignità delle persone, fino ad oggi in Italia attorno a questa amara realtà continua a esistere un’indifferenza complice.

«Nessuno ha parlato dell’importanza del pronunciamento della Corte costituzionale italiana, mentre la prostituzione, sempre più legata alla tratta degli esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, continua a ridurre in schiavitù migliaia di donne. Nei luoghi in cui è esercitata le donne sono maggiormente esposte al sessismo, agli insulti, alle perversioni, agli stupri e anche alle morti», dice Andrea Lebra, fondatore a Novara dell’Associazione “Liberazione e speranza”, che in vent’anni è riuscita ad aiutare centinaia di prostitute a reinserirsi nella vita sociale.

Bisogna anche ricordare che già la risoluzione del Parlamento europeo del 26 febbraio 2014 esorta ad adottare il “modello nordico” che vieta e criminalizza l’acquisto di servizi sessuali non solo per scoraggiare la domanda, ma per modificare radicalmente lo sguardo dell’intera società su quella che, in realtà, è “la più antica forma di sfruttamento della donna”.

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