Fondare un nuovo Stato si può e non si tratta in questo caso di separatismi o indipendentismi più o meno etnici, ma di ragioni legate al bene comune. Di tutti, non dei pochi che aderiscono a nuovi confini. Così è nata la Republica glaciar, lo Stato del ghiaccio, se volessimo tradurre alla lettera. Un’iniziativa di Greenpeace con tanto di abitanti, passaporti, e perfino con l’apertura di 40 ambasciate all’estero.
Tutto inizia in Cile, lo scorso 5 marzo, quando Greenpeace ha fondato sul versante cileno della Cordigliera delle Ande questa repubblica autonoma che comprende tutti i ghiacciai del Cile, dalle pendici dei vulcani dell’estremo Nord fino a quelli vicini a Capo Horn, per una superficie di circa 23.000 chilometri quadrati, pari all’82% di tutti i ghiacciai del Sudamerica che costituiscono una riserva idrica strategica per il Cile. Da quel giorno la popolazione è cresciuta a un ritmo vertiginoso, fino a sfiorare (fino a oggi, almeno) i 100 mila cittadini.
Perché questa repubblica è nata? Perché in Cile non esiste una legge che protegga adeguatamente i ghiacciai e le altre vette ghiacciate delle Ande dallo sfruttamento delle multinazionali, che magari pretendono di poter “spianare” parte di quel territorio per le imprese minerarie che vi si insediano. «In Cile –spiega Matías Asún, direttore di Greenpeace Chile – esiste un vuoto legislativo che non riconosce enormi masse di ghiaccio come parte della propria sovranità e come bene pubblico da tutelare ». República Glaciar nasce proprio con l’intento di proteggere questi ghiacci millenari che costituiscono una riserva idrica strategica per il Cile e per l’America del Sud.
L’obiettivo è trasmettere questo messaggio in tutto il mondo per
spingere il governo cileno a riconoscere i ghiacciai come patrimonio
comune e a tutelarli con una legge specifica: «Nel momento in cui ciò
avverrà – ha dichiarato Matías Asún – il territorio verrà restituito al
Cile». Pochi giorni dopo il 5 marzo, un gruppo di volontari si è recato
presso lo Hielo continental patagónico, la regione più ampia della
República, per prenderne ufficialmente possesso, piantando la bandiera
del nuovo Stato. E che l’idea non sia una trovata estemporanea lo
dimostra il fatto che la Republica glaciar rispetta i quattro requisiti
sanciti dalla Convenzione di Montevideo del 1933: popolazione
permanente; territorio determinato; Governo e capacità di entrare in
relazione con gli altri Stati.
In Italia è presente a Rivoli, in provincia di Torino, anche l’ambasciatore,
Mario Brigando, 68 anni, impegnato da anni sul terreno della
salvaguardia dell’ambiente, tanto da aver vinto con una guida per
ragazzi un premio a Torino negli anni scorsi. Brigando, per molti
anni emigrato in Cile, è socio di Adriantarctica con cui organizza
spedizioni a fini didattici in Antartide e non solo: «Ho conosciuto
questa iniziativa pochi giorni dopo la nascita dello Stato. In passato
ho partecipato a diverse spedizioni esplorative e didattiche con i
giovani, tra cui una in Groenlandia, con lo scopo di mettere i n
contatto i ragazzi italiani con quelli dell’estremo sud e dell’estremo
nord del mondo. Insomma, avuta la notizia, mi sono dato da fare. È una
cosa che a quanto pare funziona perché ci sono tutti gli elementi che
occorrono per uno Stato».
Quindi, è una cosa seria? «Certo. È un vero e proprio Stato al quale
occorreva un certo numero di abitanti. Greenpeace si è organizzata per
avere sempre qualcuno che abiti fisicamente sul territorio e per
diffondere la cosa e dare forza a questo movimento, allargare queste
iniziative ad altri Paesi, quelli che hanno le stesse problematiche che
riguardano i ghiacciai. L’iniziativa verrà estesa, comunque, anche
all’Argentina perché uno dei primi problemi è stato quello relativo alla miniera Pascua Lama, nel nord, divisa tra Cile e Argentina. Una
grossa multinazionale ha sottoscritto un accordo con i due governi per
ottenere una specie di zona franca e fare ciò che vuole.
Hanno cominciato a buttare giù parte del ghiacciaio dalla parte cilena,
proprio perché non esiste normativa e leggi specifiche in merito. Lo
hanno fatto per poter guidare coi camion nella zona. Inoltre hanno
utilizzato l’acqua per le lavorazioni minerarie, usando, quindi, anche
il cianuro. Pare che la vicenda sia iniziata da lì ma c’è anche un altro
progetto che non è ancora iniziato operativamente ma che dovrebbe
intaccare in maniera significativa 5.000 ettari di territorio. Dunque,
sfruttamento e inquinamento».
Per aderire, per diventare di nazionalità glaciar, cosa si può fare?
«La procedura è aperta a tutti: completata la richiesta di adesione su www.republicaglaciar.cl, si viene registrati all’anagrafe e al nuovo cittadino viene inviato il passaporto (anche via internet). Olte
al sito, per l’Italia si può contattare me, all’indirizzo di posta
elettronica brigamar@libero.it». Il problema dei ghiacciai non riguarda
solo l’America del Sud, ma anche l’Europa. Pensate di fare qualcosa? «Mi
sono informato e qui in Italia c’è già qualcosa che bolle in pentola.
La mia idea è questa: come ambasciatore devo aiutare, per ora, Republica
glaciar a vedere cosa è stato fatto altrove, in modo che possa servire
come esempio da seguire. Sotto quei ghiacciai ci sono risorse minerali,
tante e preziose. Inoltre, bisogna stare attenti all’inquinamento
dell’acqua. I ghiacciai inquinati sono un problema che può diventare
letale per gli abitanti delle vallate. I ghiacciai sono riserve idriche
per chi abita a valle ma potrebbero diventare pericolosi, se inquinati,
anche per le zone di Santiago e Valparaiso».
«Sogniamo di arrivare anche a 200.000 abitanti. Da anni si dice che
le prossime grandi guerre saranno per l’acqua, quindi vediamo di
allontanarle il più possibile», dice come ultima raccomandazione l’ambasciatore italiano di Republica glaciar, Mario Brigando.