Ilaria ripete la lezione di matematica
con la compagna di banco.
A modo suo naturalmente,
perché Ilaria, che ha nove anni,
è sorda dalla nascita e si esprime
unicamente con la lingua
dei segni. Una cosa, questa, di
per sé non eccezionale, anche
se non scontata. La cosa eccezionale
invece è che, per sua fortuna, tutti
ma proprio tutti i suoi compagni di
classe conoscono e parlano la lingua
dei segni, esattamente come lei.
Anzi. Tutti i 105 bambini della scuola
elementare Sant’Onofrio la parlano
comunemente, e così è scongiurato
il rischio di isolamento durante la ricreazione
e negli spazi comuni, come
la mensa e il giardino.
Siamo nel centro di Rimini. La
scuola parificata Sant’Onofrio, gestita
dalle Suore francescane missionarie
di Cristo, è una scuola storica, fondata
nel lontano 1882. Gli alunni delle elementari
a tempo pieno sono 105, più
una sessantina nella sezione riservata
alla scuola dell’infanzia. Oggi le suore
non insegnano più. Il personale è laico
ma «lo spirito francescano di accoglienza
è rimasto immutato», spiega
la direttrice, Lauramaria Tamburini.
Per questo, cinque anni fa, quando si
sono presentati i genitori di Samuel,
sordo profondo, nessuno si è sentito di
respingerli e nemmeno di scoraggiarli.
«Venivano da un’altra città e si erano
già rivolti ad altre scuole della zona
ricevendo sempre una risposta negativa», continua la direttrice. «Noi abbiamo
accettato la sfida, anche se non
eravamo preparati, e ci siamo messi in
gioco». E così è cominciata l’avventura.
UN’INTERPRETE SPECIALE
All’inizio non
è stato semplice. Samuel non aveva gli
strumenti per comunicare e rischiava
l’isolamento. Le ore di sostegno
non erano sufficienti e comunque
«il sostegno di fatto è generico, gli
insegnanti possono occuparsi di un
bambino autistico, di un non vedente
o, come in questo caso, di un bambino
sordo», spiega Lauramaria. «Poi, per
nostra fortuna, abbiamo incontrato quella che attualmente è la nostra
interprete, specializzata nella Lis,
la Lingua dei segni italiana, e ci si è
aperto un mondo».
L’idea vincente è stata quella di
allargare lo studio della Lis a tutta la
scuola. Prima con laboratori per gli
insegnanti, poi riservati ai bimbi della
classe di Samuel, infine a tutti gli alunni
della scuola elementare.
«Ormai è diventata una prassi»,
conclude la giovane direttrice, «tutti i
nostri bimbi studiano italiano, inglese
e la Lis. Per loro non è un problema,
sono come spugne e la imparano con
grande facilità, come un bellissimo
gioco». Oggi Samuel è cresciuto ed è
passato alle medie, in compenso sono
arrivati Ilaria, che frequenta la terza,
e Alexandros, Alex per i compagni, un
bimbo di origine greca che frequenta
la seconda.
LE PAURE SONO SVANITE
Entrambi i
bambini si sono inseriti benissimo,
anche perché hanno trovato un ambiente
già predisposto ad accoglierli. «I
genitori degli altri bimbi all’inizio erano
spaventati», ammette la direttrice,
«temevano che i loro figli rimanessero
indietro e che il programma andasse a
rilento. Con il tempo però hanno dovuto
ricredersi. Alla fine dell’anno possiamo
tirare le somme e confermare che il
rendimento generale è di fatto aumentato,
perché il clima di solidarietà che è
venuto a crearsi li ha fatti maturare ed
è servito da stimolo».
Sia Ilaria che Alex hanno ovviamente
un piano di studio personalizzato,
ma sono perfettamente inseriti
nelle loro classi. E il fatto di poter comunicare
anche nei momenti di gioco
e durante il pranzo li aiuta nel processo
di autostima. «Purtroppo c’è ancora
molta diffidenza e anche ignoranza nei
confronti della lingua dei segni, persino
da parte dei medici», spiega Maria
Laura Profeta, interprete della scuola
e vicepresidente della Cooperativa
Doppio ascolto, che si occupa appunto
di bambini e adulti affetti da sordità.
«A volte sono proprio i genitori dei
bambini sordi a rifiutarla, nel timore
che la Lis costituisca un impedimento
alla verbalizzazione».
Ed è un grande equivoco. «Il bambino
sordo ha contatto col mondo
esterno solo grazie alla vista, di conseguenza
la lingua dei segni gli permette
di formulare il suo pensiero e quindi
aiuta la verbalizzazione e l’approccio al
linguaggio parlato», continua. «Inoltre
va detto che non tutti i sordi sono
uguali. Ilaria, per esempio, è affetta
dalla sindrome di Charge ed è tracheotomizzata,
quindi la sua situazione è
più complessa. Alex invece sta già cominciando
a verbalizzare. Ognuno ha i
suoi tempi, ma tutti hanno il diritto di
imparare a leggere, scrivere, comunicare
e a parlare per quello che possono».
L’intervallo è finito. Anche Alex rientra
in classe con i compagni e subito
tutti aprono i “quadernoni” dove hanno
disegnato enormi orologi. Leggere
l’ora sul quadrante per bambini e bambine
diventa una sfida appassionante.
Per fortuna una sfida alla pari.