«Uscire dagli schemi limitati delle campagne elettorali, proclami lanciati a mezzo stampa» perché il «disegnare il futuro del Paese è cosa un po’ diversa dal soddisfare le piazza infotelematiche, dal collezionare like nella moderna agorà digitale».
Il premier Conte, anzi il professor Conte, che non più tardi di ieri ha incassato anche le parole di elogio di papa Francesco – che lo ha defiti«un uomo intelligente, un professore, uno che sa di che parla» - tira le orecchie ai suoi alunni. E, dopo aver elencato le urgenze dell’Italia, dal sostegno economico alle famiglie numerose alla rimodulazione delle tasse senza aumentare l’iva, dalla tav alle risposte da dare all’Europa e, soprattutto ai mercati verso i quali siamo esposti per il nostro alto debito, dalla riforma della scuola alla valorizzazione del turismo e della filiera agroalimetare, richiama i due alleati alla lealtà.
E dà loro un ultimatum. Il professore, forte del suo motto: «Sobri nelle parole operosi nelle azioni», chiede di smetterla di «indugiare nelle polemiche a mezzo stampa, nelle provocazioni coltivate per mezzo di veline ai quotidiani, nelle freddure sparate a mezzo social». Usa la parola «logomachia», non avendo forse più altri sinonimi per parlare di quell’«eccesso di verbosità, dei perenni e costanti conflitti comunicativi che pregiudicano la concentrazione sul lavoro».
Ha paura di restare con il cerino in mano e chiama Lega e 5Stelle a dire loro se continuare con l’avventura di Governo. Non mette date, ma chiede una risposta ufficiale e che alle parole seguano anche i fatti, «nell’interesse degli italiani». Nessun rimpasto, «perché sul mio tavolo non è arrivata nessuna richiesta e non può certo arrivarmi attraverso i giornali» e nessuna voglia di ricominciare da capo. «Io in campo in una lista Conte? Piuttosto, se è ancora libero il posto, vado ad allenare la Roma».
Immediate le risposte dei due vicepremier. Naturalmente via social.