È il segno che s’è oltrepassato il livello di guardia da un pezzo. E che l’azzardo patologico non è una questione puramente sanitaria, statistica o economica ma una questione culturale di un Paese che anzichè affidarsi alle proprie risorse migliori ha scelto deliberatamente l’alea per risolvere i suoi problemi, si tratti della ricostruzione post terremoto in Abruzzo o il rastrellamento di soldi freschi da far entrare nelle casse di un Erario sempre in debito d’ossigeno.
Le parrocchie, osservatorio privilegiato, e spesso unico baluardo di sostegno, per tante difficoltà sociali e personali, se ne sono accorte da tempo. E ora cercano di correre ai ripari. Tra i percorsi per la Quaresima di quest’anno ecco che s’inserisce la lotta contro una nuova schiavitù, un’idolatria – benedetta e avallata da uno Stato sempre più miope e avventuriero – che mette sul lastrico intere famiglie e sovverte i valori di riferimento.
Così, nella diocesi di Padova il percorso per la Quaresima di quest’anno propone iniziative per liberarsi dal gioco d’azzardo e poter vivere finalmente una “vita pasquale”. «Rivolgiamo», si legge nel documento stilato dalla Commissione Nuovi stili di vita della Pastorale sociale diocesana, «a tutti i credenti delle nostre comunità cristiane il seguente appello: impegniamoci, a partire da questa Quaresima, a fare nostre alcune prassi quotidiane che possono liberarci dalla piaga sociale e umana del gioco d'azzardo, in modo da rendere la vita, sia dei giocatori patologici e sia dei cittadini, libera da questa forma di oppressione e schiavitù, pur salvaguardando l'importanza del gioco come dimensione umana importante».
Seguono alcuni consigli pratici come «avere il coraggio di dire non al gioco d’azzardo» attraverso gesti e iniziative concrete come premiare i bar che hanno scelto di togliere le slot machine prendendo un caffè in quei locali, aiutare e farsi prossimi alle persone cadute nella ludopatia, sostenere alcune campagne sociali, da “Mettiamoci in gioco”, promossa da Acli, Libera, Gruppo Abele, Federconsumatori, “No Slot”, “Senza Slot” e “SlotMob”.
Nel documento vengono citati i dati del fenomeno con un focus sulla situazione in Veneto, dove il giro d’affari si attesta sui 5,3 miliardi di euro e nel 2011 la spesa annua pro capite per il gioco di attestava a 1.072 euro. A Padova a lanciare l’allarme è stata l’Asl che ha denunciato circa 2 mila casi di ludopatia che è trasversale e coinvolge tutte le fasce d’età: dai giovanissimi ai pensionati.
Anche l’Arcidiocesi di Salerno, attraverso l’Ufficio per i problemi sociali e del lavoro, ha lanciato la campagna contro l’azzardo che va ad aggiungersi a quella già in corso “Torniamo a giocare” per contrastare gli effetti del dilagare della ludopatia.
La Caritas diocesana di Roma dedica alla ludopatia un incontro di Quaresima e per sabato 29 marzo presso la parrocchia San Romano martire ha organizzato un seminario per le parrocchie della diocesi dal titolo “Vite in gioco ai tempi della crisi. Gioco d’azzardo, indebitamento e usura”. Ne parlerà il sociologo della Consulta nazionale Antiusura Maurizio Fiasco insieme a monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma. Seguiranno testimonianze di persone che hanno vissuto o stanno vivendo nel baratro della ludopatia. «Il gioco d’azzardo», si legge nel documento “Quaresima di Carità 2014”, «sta contaminando non solo i nostri risparmi ma la nostra dignità e i nostri valori. La crisi sta giustificando scelte che minano le comunità e rendono schiave troppe persone che preferiscono riporre la loro fiducia in una serie di numeri piuttosto che nell’ impegno continuo, nella dignità da difendere, in una sobrietà che libera».
Più volte, di recente, il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco ha lanciato l’allarme: «È necessario», disse nella Prolusione al Consiglio del 23 gennaio 2012, «arginare la piaga del gioco d'azzardo, quale fuga disperata da una realtà ritenuta ingrata, o quale seducente sirena di vita facile, ma che si rivela come abbruttente dipendenza che deforma l'umano dell'uomo e sconquassa le famiglie».
Un fenomeno, ha ribadito ancora Bagnasco, «da combattere con una nuova cultura educativa. Si tratta di una piaga individuale e sociale che corrompe l’anima, la mente, il modo di pensare, quindi il modo di vivere di giovani ed adulti, promettendo una vita facile e devastando, distruggendo la persona e la sua vita come singoli e, di riflesso, come famiglia (…), non manca un dato positivo, che dobbiamo rilevare ed è la crescita della presa di coscienza collettiva; mentre qualche mese fa questa coscienza collettiva era più rarefatta, ora se ne parla».