«Non ho avuto paura quando mi sono messo con il sanguinario Riina mentre lo Stato si stava piegando: ho la pelle di un coccodrillo. Ammazzare, però, non potrei più».
Parola di Gaspare Mutolo, per anni braccio destro di Totò Riina, dissociato formalmente da Cosa Nostra dal 26 giugno 1992. Gli anni delle stragi di Capaci e via D'Amelio, gli anni in cui lo Stato è messo alle corde dalla criminalità organizzata.
Nel libro di Anna Vinci, La mafia non lascia tempo (ed. Rizzoli), il numero due di Cosa nostra racconta la banalità della violenza, gli anni da ragazzino della Kalsa, quartiere popolare di Palermo, l'"onore" di lavorare - e poi rubare - per l'officina di uno dei boss. «Penso che se non fossi nato in quel mondo non sarei diventato un assassino», confessa Mutolo ad Anna Vinci.
Un libro che non fa sconti, che racconta il mondo spietato e le regole della mafia. E che svela anche complicità e collusioni. Un intero capitolo è dedicato agli insospettabili. Si apre con il racconto del mancato sequestro di Silvio Berlusconi. Avere in casa lo "stalliere" Mangano, ben conosciuto negli ambienti mafiosi fa da deterrente.
«La mia storia», racconta Mutolo, «è intrecciata con quella di tanti che sono rimasti impuniti. Basti pensare a Silvio Berlusconi. E' un uomo che ho sempre ammirato, di grande intuito, ma non posso ignorare che negli anni Settanta i nostri percorsi si sono spesso incrociati».
Mutolo racconta 19 anni di mafia, gli omicidi, le violenze, fino alla dissociazione. Racconta di Falcone e Borsellino, degli uomini che servivano quello stesso Stato «che intanto stava trattando con la gente che li avrebbe fatti ammazzare», denuncia Mutolo.
Quasi un diario, tra un percorso intimo e la storia del nostro Paese, che svela un pezzo delle trame che hanno impedito all'Italia di essere libera. Che racconta il patto tra Stato e mafia, tra mafia e massoneria, tra poteri e violenza. Ma anche l'impegno per voltare pagina di magistrati, forze dell'ordine, politici, cittadini, collaboratori di giustizia. Che spiega come si può ammazzare e vivere serenamente in famiglia, ordinare uccisioni e tornare a dormire, stare immersi nella violenza senza farsi domande. Fino al punto in cui la coscienza si incrina e si sceglie di cambiare strada. Portandosi addosso il peso del sangue, ma assaporando, finalmente, la vera libertà.