Da qualche tempo capita spesso di ascoltare personaggi noti parlare della propria malattia e raccontare fatiche, paure e speranze con grande sincerità, molto importante per chi, come la nostra famiglia, sta vivendo questa esperienza in prima persona.
Le diverse notizie contribuiscono a diradare quel silenzio quasi omertoso che un tempo aleggiava su situazioni di cui ovviamente non c’è nulla da vergognarsi.
Se ne parla persino un Re… I social sono pieni messaggi di partecipazione commossa, sostegno e vicinanza, che tuttavia non sempre incontriamo nei rapporti reali delle nostre vite. In ospedale di recente ci chiedevamo se le stesse commosse persone talvolta ci sfuggano, come accade a noi quando accompagniamo il nostro bambino alle scuole elementari, o addirittura a poco a poco si allontanino… Certo, una condivisione a parole costa molto meno di quella con lo sguardo diretto, che, invece, a noi farebbe molto bene.
DOMENICO
Risposta di Renata Maderna
– Caro Domenico, capisco molto bene quello che dici, ma come accenni tu, parlare con un malato e la sua famiglia è molto più difficile che servirsi di Internet. Diciamo che nel primo caso occorre comprendere quale atteggiamento e quali parole siano d’aiuto e quali no.
Per questo alcuni si fermano per “non disturbare” o “non essere invadenti” o non cadere nel rischio di ferire. Anche se, come saprete bene voi, sarebbe molto più importate ascoltare piuttosto che dire. Soprattutto quando c’è di mezzo un bambino.
Qualcuno, come dici tu, nel dubbio fugge. O forse rimanda a un momento in cui nella propria vita ci possa essere lo spazio per un incontro o un discorso triste, che però non è detto che sia tale, visto che per fortuna i giorni di chi convive con la malattia sono fatti di tanti momenti, anche interessanti, curiosi o allegri e persino futili. Tutti spunti per avvicinarsi, senza bisogno di una tastiera.