Vi scrivo perché sono quasi indignato per quel che ho visto uno di questi giorni. Ero per strada e ho incrociato una mamma che trascinava due zaini con le rotelle. Era esile e piccolina e si vedeva che faceva fatica.
Quando l’ho fissata, ha abbassato lo sguardo imbarazzata. Poi ho capito… alcuni passi dietro due ragazzotti sui 10-11 anni, belli in carne, camminavano tranquilli scherzando tra di loro. Avrei voluto tornare indietro e dirle: “Butti a terra il peso della cultura e… aiuti i suoi figli a crescere!”. Non vi tedierò con “Ai miei tempi andavamo a scuola senza mamma facchina”.
Ma invece chiedo: non staremo sbagliando qualcosa?
PIETRO
Risposta di Renata Maderna
– Caro Pietro, direi proprio di sì. Mamme che lasciano il posto a sedere ai figli, padri affardellati con equipaggiamento tecnico prepartita, per non parlare del mio preferito: genitori che portano in spalla i propri sci e quelli dei figli… adolescenti! Sì, stiamo sbagliando. Tra i vari compiti a cui siamo stati chiamati non è compreso il diventare aiutanti esagerati. Ma, se di fronte a certe situazioni il commento è netto, in altre può diventare più difficile prendere una decisione.
Dove finisce la protezione? Quali sono i limiti della cura? Come si aiuta a crescere senza vizi e senza forzature? Ho gustato l’esempio del girello, con la mamma che dice «Finché non imparerà camminare mettiamolo dentro lì» e il padre che ribatte: «Finché lo mettiamo lì non imparerà a camminare», in un libro intitolato Genitori con filosofia (Erickson) del sempre arguto Luca Mori, che riesce ad affrontare 50 situazioni della quotidianità famigliare legandole agli insegnamenti di Platone, Cartesio e compagni. Ritenuti ostici e lontani e, invece, portatori di preziosi spunti di riflessione per il presente.
Perché il primo passo, come sempre, è fermarsi e guardarsi da fuori come sarà accaduto alla troppo servizievole mamma grazie al tuo sguardo. Per mettersi in discussione e decidere di aggiustare giorno dopo giorno il passo. E anche i pesi.