Il conto si riempie e si svuota. L’ultima volta prima di Natale sono andati via quasi 400 mila euro per pagare bollette e affitti per famiglie sull’orlo dello sfratto. D’altra parte papa Francesco era stato chiaro con monsignor Konrad Krajewski, il vescovo polacco Elemosiniere pontificio, che tutti chiamano padre Konrad: «Dobbiamo essere contenti quando il conto è vuoto». Lui è il braccio della carità di Jorge Mario Bergoglio, che non può più andare di persona tra i poveri come quando era arcivescovo di Buenos Aires.
Padre Konrad raccoglie donazioni, distribuisce aiuti, gira in auto tutte le notti con un pugno di volontari, comprese alcune guardie svizzere. Il Papa lo aveva avvertito all’atto della sua nomina: «Tu non sarai un vescovo da scrivania». Per raccogliere denaro ha inventato anche le lotterie pontificie. Quest’anno siamo alla terza edizione della riffa. Il Papa mette all’incanto i regali che ha avuto. Per questa edizione c’è un’auto e un Rolex. E i biglietti vanno via come il pane, perché la gente sa che i soldi finiscono nel Fondo carità del Papa che padre Konrad gestisce. La stessa cosa accade ai proventi della vendita delle pergamene delle benedizioni apostoliche, che portano nelle casse circa 250 mila euro. Dal Vaticano partono carichi di pasta, olio, pomodori pelati, latte e biscotti. Li ha portati agli immigrati che protestavano accampati alla Tiburtina a Roma. Li ha portati agli occupanti del centro Baobab, altri immigrati etiopi ed eritrei.
Lui non vuole comparire, mai un’intervista, mai un giornalista che sia andato con lui di notte. Non è nello stile del Vangelo, si limita a dire. A volte nemmeno vuole i soldi e a chi si presenta pronto a firmare assegni spiega che l’elemosina che non guarda in faccia le persone, l’elemosina che serve per far pace con la propria coscienza, magari dopo aver attraversato la Porta Santa, non è quella che consiglia il Vangelo.
Così a un gruppo di americani che volevano sottoscrivere un progetto di aiuto per le docce in piazza San Pietro ha consigliato di andare a vedere e poi comprare e portare. Ogni giorno alle docce per senza fissa dimora aperte da mesi sotto il Colonnato di San Pietro passano circa 150 persone, oltre 4.500 al mese. C’è bisogno di bagnoschiuma, vestiti nuovi e scarpe. Fatevi i conti, ha risposto agli americani. Anche la barberia e il servizio di parrucchiera per le signore funzionano a pieno ritmo in alcuni locali accanto a quelli delle docce sotto il Colonnato. È tutto gratuito, compresa l’opera di barbieri e parrucchiere, che sono volontari, carità a servizio dei poveri, moderne opere di misericordia corporale che molti hanno deciso di intraprendere, come un barbiere che viene dalla Calabria, due notti in treno una volta al mese per restare tutta la giornata a tagliare capelli e fare la barba ai poveri di San Pietro, mani che sono il prolungamento di quella di Francesco. Così una somma dopo l’altra l’Elemosineria ha cominciato a raccogliere cifre importanti che hanno permesso l’avvio di alcuni servizi, aiuto concreto di una carità che abbraccia i poveri uno a uno, carità che ha il volto delle persone che collaborano con padre Konrad, anche se lui nemmeno le conosce.
Bergoglio ha detto subito che voleva una Chiesa povera per i poveri e alla Elemosineria pontificia si trova la linea avanzata di questa Chiesa. Papa Francesco vigila stretto e quasi ogni giorno telefona a padre Konrad per informarsi come vanno le cose. E gli manda soldi oltre a disposizioni precise. Una volta ha comperato 200 sacchi a pelo per i clochard, un’altra volta ha deciso di donare ai senza tetto gli ombrelli dimenticati ai Musei vaticani dai visitatori. Niente di strano: solo opere concrete di misericordia.