Maria Martello.
Quando la giustizia può dirsi veramente consensuale? Con la Riforma della giustizia che è in atto non c’è conflitto, indipendentemente dal valore e dalla tipologia della controversia, che non sia suscettibile di mediazione. Ed è proprio qui, secondo il pensiero di Maria Martello, lo snodo a livello concettuale che rompe con il passato: la mediazione, da mera alternativa alla giurisdizione nella gestione delle controversie, si eleva a percorso di crescita e responsabilità, ingentilita da una visione umanistica e filosofica.
Ai mediatori non resta che tendere l’arco e scoccare la freccia per traslare dall’ideologia ai fatti la composizione pacifica del contendere. Ma per raggiungere il cuore del bersaglio non basta usare la diligenza, imparando la “lezioncina” a memoria, diventa indispensabile la cultura su un piano etico e valoriale di educazione civica, condicio sine qua non per l’efficacia di qualsiasi mediazione. E qui la domanda: i mediatori sono veramente pronti a questo? In un discorso più ampio, anche ogni cittadino è chiamato a una call to action, a un risveglio per fare la sua parte, scendendo dal piedistallo dell’arroganza e della supponenza e mettendosi nella posizione dell’ascolto.
“La mediazione è un istituto che con la riforma Cartabia acquista finalmente un altro senso e un altro valore. Un valore in cui io credo da trent’anni, che porta alla risoluzione del contenzioso attraverso degli accordi che le parti stipulano tra di loro ritenendoli al cento per cento convenienti per ciascuno, ma ci arrivano attraverso un’analisi delle ragioni alle spalle del contenzioso, che attengono ai vissuti negativi della loro relazione interpersonale”, spiega Maria Martello, già giudice onorario presso il tribunale per i minorenni e la Corte d’appello di Milano, autrice del libro Il valore della mediazione nella Riforma della Giustizia (appena uscito per Wolters Kluwer, formato ebook), che si rivolge non solo agli operatori di settore ma anche a chi è coinvolto in una controversia. “Così si trova non solo una soluzione condivisa ma c’è anche il riconoscimento dei punti di vista differenti e si crea la possibilità affinché i due nemici di partenza possano continuare ad avere un rapporto civile su basi nuove legate alla conoscenza più approfondita che attraverso la mediazione raggiungono l’uno dell’altro. Spesso si cade nell’errore che comporre il conflitto e chiudere il processo siano la stessa cosa. Non è così: se chiudi il processo forse non componi il conflitto, ma se componi il conflitto certamente chiudi il processo. È anche una questione di educazione”.
La mediazione cui è dedicato il primo articolo sui principi della legge delega 206/2021 e un insieme di principi sulla giustizia ripartiva nella legge delega 134/2021, diventa applicabile a ogni conflitto: civile, commerciale, amministrativo, penale, familiare, sociale. “Tutti i contenziosi ad un livello variabile di intensità hanno una valenza legata ai vissuti emotivi e relazionali, anche quelli su fatti oggettivi che sembrano non avere radici soggettive. La mediazione interviene su questi e li risolve. Se diventiamo più evoluti nel modo di vivere il conflitto, esso può diventare un’occasione di crescita. Con la stessa forza impiegata a generarlo si possono trovare condizioni soddisfacenti per superarlo. Teniamo, però, a mente che non ci sono né vincitori né vinti, ma due vincitori. Altrimenti, come dice l’indovino Tiresia nell’Edipo re di Sofocle, vincere è stato ciò che ti ha fatto perdere”.
Aggiunge Maria Martello: “In passato, a seguito della vecchia concezione deflattiva della mediazione, proposta dai suoi detrattori, si sono create ambiguità intorno a questo istituto, che vanno scalfite altrimenti si radicano in una prassi che invece la vuole altro, ossia una riposta di civiltà al bisogno di giustizia del cittadino. Ci batteremo affinché la si realizzi con la dovuta serietà e competenza che richiede. La possibilità che ci offre la Cartabia è un valore per tutti noi, ma la mediazione deve essere messa in pratica nel modo giusto, necessita di competenze a livello di intelletto e di cuore affinché non solo non resti sulla carta ma non diventi un boomerang. Dobbiamo impegnarci a fondo come cittadini e come società. Non deve diventare la solita promessa bufala, gattopardesca”.